Dopo l’anteprima al Salone Internazionale del Libro di Torino, domenica 21 novembre alle ore 17.30, il Teatro degli Atti ospita la presentazione del libro di Laura Fontana, Gli Italiani ad Auschwitz (1943-1945). Deportazioni, “Soluzione finale”, lavoro forzato. Un mosaico di vittime, a cura del Museo Statale di Auschwitz-Birkenau. Ne discuterà con l’autrice Antonio Mazzoni dell’Istituto per la storia della Resistenza e dell’Italia contemporanea della Provincia di Rimini, con l’introduzione del sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad e della presidente di Isric Oriana Maroni.  

Laura Fontana, da lungo tempo studiosa della Shoah e del nazismo e Responsabile dell’Attività di Educazione alla Memoria del Comune di Rimini, firma un lavoro basato su una ricerca in buona parte inedita, che getta uno sguardo nuovo sulla storia delle deportazioni degli italiani e delle italiane ad Auschwitz durante i mesi di occupazione della Penisola. Per oltre un anno, tra l’autunno 1943 e gli ultimi mesi del 1944, diverse migliaia di ebrei italiani furono deportati ad Auschwitz, tra cui 776 bambini e bambine. Catturati nell’ambito della Shoah, furono in larga maggioranza assassinati appena scesi dai treni. Per la quasi totalità, Auschwitz rappresentò l’ultima destinazione, il luogo più efficiente costruito nella storia umana per la messa a morte di massa degli ebrei d’Europa. Solo un’esigua minoranza fu risparmiata dall’uccisione immediata nelle camere a gas per essere sfruttata come forza lavoro coatta nelle molteplici industrie e attività produttive del campo. Tra loro il giovane chimico Primo Levi e la tredicenne Liliana Segre. 

Nel corso del 1944 anche circa 1.200 italiani non ebrei furono inviati ad Auschwitz come prigionieri politici, contrassegnati nel lager col distintivo del triangolo rosso. Internati come lavoratori forzati nel gigantesco complesso concentrazionario che funzionava parallelamente al centro di sterminio, più dei due terzi di questi reclusi di nazionalità italiana erano donne, molte delle quali giovanissime e di origine slovena e croata. Partigiane, sospettate di sostenere la Resistenza o vittime di rastrellamenti per il lavoro coatto nel Reich, le italiane furono arrestate nelle fabbriche lombarde dopo gli scioperi in massa del marzo 1944, ma principalmente nel Litorale adriatico, il territorio compreso tra Lubiana, Gorizia, Trieste, Pola e Fiume (oggi Rijeka) che dopo l’8 settembre venne parzialmente annesso al Reich e sottoposto a uno spietato trattamento repressivo da parte delle autorità occupanti naziste. Lo studio ricostruisce i due gruppi principali di queste deportate: le resistenti che al momento dell’arresto erano giovanissime staffette partigiane, coraggiose e intrepide nel dedicarsi alla lotta di liberazione, e le operaie lombarde che partirono per Auschwitz da Bergamo, giungendo nel lager dopo un lungo, anomalo, tragitto via Mauthausen e Vienna.  

Ne emerge un racconto vivo e a tratti corale di centinaia di vicende individuali e di gruppo, in cui i percorsi di deportazione, le esperienze di prigionia e le memorie si intrecciano con alcuni temi centrali per comprendere la storia di Auschwitz. A essere in primo piano nel libro sono sempre le voci dei testimoni dell’epoca, le vittime e i sopravvissuti della Shoah italiana e della deportazione politica (definizione attribuita dai nazisti in maniera generica per un insieme eterogeneo di categorie di arrestati). L’autrice non tace le responsabilità italiane, tra collaborazionismi, delazioni, complicità e colpevoli silenzi all’epoca dei fatti, il susseguirsi di reticenze, amnesie e memorie parziali che hanno caratterizzato la costruzione del ricordo pubblico negli anni del dopoguerra fino ai giorni nostri. Gran parte dell’opera è dedicata a raccontare le esperienze di coloro che subirono l’internamento ad Auschwitz, con l’obiettivo di far emergere alcuni elementi comuni nell’esperienza del Lager: il lavoro forzato, la violenza fisica e l’offesa al corpo delle donne (tra cui la maternità negata e gli esperimenti criminali di sterilizzazione), la solitudine e la coesione tra reclusi, l’esperienza eccezionale dei pochi bambini sopravvissuti, come le sorelline fiumane Andra e Tatiana Bucci, raffigurate nella foto di copertina. 

L'incontro è parte di Magistra vitae? Incontri con le storie e la storia. Libri, a cura di Biblioteca Gambalunga e Istituto Storico Rimini e dell’Attività di Educazione alla Memoria del Comune di Rimini. 

Laura Fontana si occupa dal 1990 di storia della Shoah. Responsabile per l’Italia del Mémorial de la Shoah di Parigi e dell’Attività di Educazione alla Memoria del Comune di Rimini, è autrice di numerosi saggi pubblicati in italiano, francese, inglese. Dirige seminari di studio in Italia e in Europa per insegnanti e ricercatori, è consulente scientifica per diversi progetti internazionali e collabora con la Fondation Mémoire de la Shoah. Ha co-diretto con Georges Bensoussan due volumi della Revue d’histoire de la Shoah dedicati all’Italia dal titolo «L’Italie et la Shoah» (Le fascisme et les Juifs, 2016, Représentations, usages politiques et mémoire, 2017). www.fontana.laura.com 

 

In allegato la foto di copertina del libro. La foto ritrae le sorelle Andra (Alessandra) e Tatiana Liliana Bucci, col cugino Sergio De Simone, la mamma Mira Perlow Bucci (prima da sinistra) e le zie Gisella Perlow De Simone (al centro) e Paula Perlow (destra). Nel marzo 1944 furono tutti deportati ad Auschwitz. Andra e Tatiana furono tra le poche sopravvissute. Estate 1943, Fiume (oggi Rijeka, Croazia). Archivio privato di Andra e Tatiana Bucci, per gentile concessione. 

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