Riflessioni del viaggio Germania 2011

 

Viaggio studio a Berlino, Germania 8-12 maggio 2011

Viaggio studio a Berlino, Germania 8-12 maggio 2011
 

Qui di seguito le riflessioni di alcuni partecipanti.

Come disse il filosofo Francese Jean Baudrillard  "il viaggio è nella testa", ed è così che io ho vissuto il mio. Partire per Berlino è stato  come  un dolce supplemento  agli incontri fatti in precedenza.   L'esperienza dal vivo e la conoscenza con il quale siamo giunti a Berlino si è rivelata stimolante  sin dal primo giorno. Nonostante il ritmo serrato delle visite e il caldo non sono mancati i momenti per il confronto reciproco, che a mio parere sono stati molto belli. Il luogo che mi è rimasto più impresso nella mente è stato il monumento alla memoria delle vittime della shoah "Denkmal für die ermordeten Juden Europas", che è una piazza composta da blocchi di cemento  disposti in modo da formare corridoi, alquanto stretti, in orizzontale e in verticale ( considerando la visione dall'alto).  Le lastre, di differenti altezze e dimensioni, partono dal centro, dove sono disposte le più alte, per poi degradare all'estremità della piazza. La struttura colpisce la vista al primo sguardo, non si riesce  però a comprenderne  l'organizzazione fino a quando le si è proprio davanti. Il colore grigio di tutta la struttura rende l'atmosfera  pesante, ma la maggior parte delle sensazioni arrivano quando si percorre la struttura al suo interno. Il pavimento, anch'esso di colore grigio, prende la forma di montagnole creando un dislivello differente in ogni punto. Ci si accorge che i blocchi sono storti  e che mentre si raggiunge il centro si alzano. Dopo qualche minuto che si gira lì dentro si ha la sensazione di disorientamento e le voci delle altre persone che visitano il complesso ti raggiungono da ogni dove, ma sono lontane e flebili. La sensazione è quella di essere lontani dall'uscita,  l'angoscia e il respiro pesante ti spingono a guardare verso l'alto per scorgere la luce e l'aria che al di fuori ha il sapore della libertà.  Ho deciso di staccarmi da tutti e di proseguire da solo all'interno dell'impianto, assimilando così il massimo che poteva trasmettermi. Ho scelto di descrivere e ricordare questo luogo perché è quello che mi ha Trasmesso più sensazioni, infatti,  uscendo dalla piazza,  ricordo che mi girava la testa e non è stata una bella sensazione. Secondo me è sbagliato chiedersi se il luogo è adeguato o meno a ricordare l'accaduto, è  importante invece chiedersi se la gente vuole ricordare, se  vuole capire, se è pronta a  rivivere il passato, perché è la gente che tiene in vita il significato del memoriale, è la gente che gli attribuisce un significato. Ed è grazie alle persone che si interessano della storia che nascono i monumenti, i musei e i memoriali. Se non importasse a nessuno di un determinato fatto probabilmente non esisterebbe nulla per ricordarlo. Il luogo è rappresentativo?! Sì, ma solo verso coloro che hanno le informazioni per arrivare a comprendere l'opera.
Un altro luogo carico di significato è stato il campo di concentramento di Sachsenhausen. Pensavo che fosse più piccolo e con più edifici, invece l'ho trovato immenso e desertico, probabilmente perché avevo in testa l'immagine di Mauthausen. Anche  a  Sachsenhausen non sono mancate le sensazioni. È dalle poche cose rimaste che trapelava qualcosa di molto forte, dal dormitorio in legno deturpato alla pavimentazione in pietra consumata. Il caldo soffocante  ha poi reso l'idea di come fosse difficile restare lì, magari durante l'appello, quando i prigionieri venivano radunati in massa nella piazza, o durante l'inverno, quando faceva così freddo per cui era necessario che la conta dei detenuti non dovesse superare i 15 minuti. Triste apprendere che a volte i poveretti venivano lasciati morire al freddo, per compiacere i pochi uomini al potere, che si divertivano con ogni tortura possibile a vedere morire delle persone. Sono rimaste poche tracce dei corpi, bruciati e  ribruciati affinché diventassero polvere. Il "nascondere i corpi" è per me una delle prove che ci fa capire che anche loro sapevano di aver commesso  azioni  orribili. Molti uomini si sono infatti convinti  di essere nel giusto, attraverso l'alcol o altre distrazioni. Il   ricordo e il tramandarsi vicendevolmente le informazioni per conoscere il nostro passato deve anche passare attraverso la comprensione approfondita. Io conosco, mi informo, studio il passato, lo comprendo, lo ricordo e lo richiamo a me nel presente. Prendendo in esame un singolo evento del passato mi verrebbe da affermare che ricordarlo e agire di conseguenza evita il suo ripetersi, ma solo il ripetersi uguale dell'evento ricordato, non ci impedisce di cadere in altri errori, anche se questi errori, a mio avviso, saranno errori di entità minore; qui entrano in gioco altri fattori, se la gente vuole ricordare e se c'è la possibilità di ottenere delle buone informazioni sull'accaduto. Se uno dei due fattori citati o entrambi viene meno allora è possibile ipotizzare che l'evento del passato possa ripetersi anche in maniera uguale o  peggiore.  Poter conoscere e affrontare dal vivo l'oggetto del mio studio è da me considerato un premio, qualcosa che si aggiunge al percorso che abbiamo fatto durante i seminari e che può considerarsi completo. È ovvio che,  per chi ha partecipato al viaggio, le cose apprese rimarranno più impresse che ad altri e quindi si può dire che abbiamo avuto una istruzione più completa. Vedere un luogo è una esperienza  diretta, che si vive, che non si può immaginare, che rimane nel tempo.
Il viaggio a Berlino è stato proprio questo, un vivere in prima persona la storia e fare in modo che essa riviva in me.
Caldari Lucia - 5° Istituto Tecnico Industriale L. Da Vinci


Alla vigilia della partenza per questo viaggio-studio a Berlino devo dire che le aspettative erano altissime: tutti noi venivamo da un lungo periodo di impegno scolastico abbastanza pesante in vista dell'esame di fine anno, l'inverno col suo freddo e il cattivo tempo ci avevano stufato e il primo sole delle precoci giornate sulla spiaggia avevano acceso in noi più che mai la voglia di evadere un po' e staccare la proverbiale spina senza preoccuparci troppo delle conseguenze al nostro ritorno. Insomma, Berlino pareva più un'oasi di ristoro e il viaggio un premio o quasi una vacanza (parola che i viaggiatori detestano ho imparato, vero Daniele?! :P ) che dopo tante incertezze si erano materializzate. Il giovedì precedente alla partenza la riunione per le ultime avvertenze fila liscia, anche  se la nostra cara Laura Fontana parla chiaro e ci avverte che non sarà poi una passeggiata di salute o una gita da studenti svogliati che si trascinano da un monumento all'altro. Poco male, ormai siamo temprati - penso io - e poi forse esagera un po' per metterci in riga da subito!
Beh, dal primo giorno abbiamo capito che nessuno stava scherzando e l'impegno richiesto era effettivamente tutto quello che ci era stato prospettato. In una situazione normale, ovvero una comune gita scolastica o qualcosa di simile, un gruppo eterogeneo e numeroso di ragazzi che non si conoscono poi tanto controllati da sole tre persone sarebbe andato presto allo sfascio, è chiaro.
Credo che da subito, da quel primo giorno così intenso, tutti noi abbiamo ricevuto il dono che poi quel viaggio ci avrebbe regalato fino al ritorno e anche oltre - lo posso confermare ora, a tre settimane di distanza da quella partenza - senza che neanche ce ne rendessimo conto: il gruppo si è trovato unito, coeso, compatto come una squadra; Laura, Carla e Daniele degni capi della formazione sono stati dei compagni di viaggio preziosi e insostituibili, e non solo degli accompagnatori. Insomma capirete che ciò che voglio scrivere è il bel ricordo di una esperienza unica, che già commuove un po' al ripensarci, e che mai potremo dimenticare soprattutto grazie ai suoi protagonisti.
Protagonisti, ecco la vera magia di questo viaggio a Berlino, di questo viaggio della memoria e della conoscenza: è diventato prima di tutto una ricerca e una analisi di noi stessi attraverso i luoghi. Si potrebbe stare a lungo a dibattere se sia poi veramente necessario muoversi da casa e dalle pagine dei libri per conoscere la storia. Beh, forse in effetti per chi veramente vuole può bastare anche il metodo più pratico che ci insegnano a scuola...eppure... Dopo questa esperienza io non ho dubbi sul fatto che l'unico modo per andare oltre e fare nostro ciò che ci interessa sia lanciarsi, partire, buttarsi a capofitto in quello che si ha la fortuna di vivere e non aver paura di tornare diversi da come ci eravamo lasciati a casa. Senza contare il fatto che senza dubbio le visite guidate e non ai memoriali e ai musei ci hanno dato l'occasione di sapere molto di più, con più precisione e più verità storiografica  le vicende del periodo storico approfondite da molteplici sfaccettature, è stata prima di tutto una meravigliosa esperienza collettiva e personale: di gruppo perché uniti dallo stesso scopo di godere l'esperienza sono nate bellissime amicizie; personale perché tra il divertimento amicale e i fatti storici è venuta fuori una nuova identità di individui con nuove responsabilità e portatori di valori forse difficilmente individuabili tra le righe dei libri di testo.  Personalmente non riesco a scegliere un luogo preciso che mi abbia colpito più di altri, e il motivo è forse intuibile da quello che ho già detto. Quando ripenso al viaggio non ho in mente qualcosa di definito come un programma delle giornate o una successione di tappe per ciò che imparavamo a vedere. Piano piano mi sono sentito immerso in ciò che facevamo - nonostante i momenti di stanchezza e di minore attenzione, quello non contava - e preso, catturato nella realtà di quei pochi giorni. Insomma il luogo che più mi ha colpito si potrebbe dire essere stata tutta la città che ci ha ospitato, ossia Berlino, ma credo che - per quanto suoni forse un concetto aleatorio e sentimentale - sia un luogo dello spirito quello che più mi ha segnato. 
In ogni caso sicuramente Il memoriale della Shoah è quello che più di ogni altro ha suscitato stupore e reazioni anche contrastanti e "violente" in me e negli altri. Mi sono infervorato quel giorno perché io mi immaginavi qualcosa di molto più scenografico, imponente e maestoso per così dire. Qualcosa che lasciasse a bocca aperta dal primo istante dando un pugno allo stomaco. Invece no. Tutt'altro anzi.  Ci è voluto tempo e rispetto per capire la potenza silenziosa di quella installazione così singolare e dibattuta. Non posso dire di aver cambiato idea a tutt'oggi, o meglio, la parziale delusione per un mancato impatto emotivo immediato ancora è latente. Eppure, soprattutto grazie al dialogo anche acceso con gli altri membri del gruppo, ho visto questo che per me era un difetto da altri punti di vista, sentendomi spontaneamente in dovere di dare una possibilità di cambiamento alle mie idee attraverso quelle degli altri. Ciò è servito ad apprezzare ancora di più quella scelta concettuale così ardita e poco urlata, poco scenografica e quindi alla ricerca di persone attente al suo valore. Noi lo eravamo e grazie a questo il memoriale ha compiuto il suo dovere, non solo scuotendo gli animi con un impatto immediato più o meno forte a seconda delle nostre sensibilità, ma creando soprattutto l'occasione di concentrare il nostro pensiero su di sé e su quello che vuole trasmettere.
A questo proposito uno dei temi emersi in quell'occasione e a sfondo di tutto il progetto memoria e non solo del viaggio finale è quello del valore della memoria stessa.  Come disse proprio in una delle conferenze del corso il noto storico francese Bensussann, a volte parlare troppo della Shoah e attraverso le frasi comuni è quasi dannoso per via della superficialità che si finisce per dare alle proprie parole quando diventano di circostanza. I pensieri buonisti e inflazionati insomma non servono a nulla se non a riempirsi la bocca di buoncostume effimero.  Cosa rimane di tutti i sofismi, cosa rimane della indignazione e della tristezza di circostanza, cosa importano le cerimonie ufficiali o le visite se non entriamo in gioco noi con la nostra responsabilità di primi attori della storia e non solo con i nostri sensi di spettatori dell'errore?  Non solo non rimane niente, ma anzi, si da spazio alla falsità e all'ipocrisia che si sa, non sono cose buone, ma tutti ritengono accettabili in quanto più confortevoli...
Non è stato un viaggio accomodante, non siamo stati trattati come studenti da guidare, non ci siamo riposati e sicuramente la scelta più facile era quella di sbattersene del corso della memoria e mandarlo veramente alla memoria. Eppure noi eravamo lì, come molti altri non hanno potuto, voluto o saputo fare nonostante un iniziale interesse.
Al ritorno rimane l'orgoglio di avercela fatta, la felicità vera di avervi conosciuto e soprattutto un ringraziamento di tutto cuore a chi ha reso possibile questa esperienza per sé e per gli altri, ma soprattutto per un grande senso di responsabilità verso ciò che siamo e decidiamo di essere, perché alla base di tutto c'è comunque una scelta.
Questa è stata veramente ottima!
Con affetto,
a Laura, Carla, Daniele e al nostro unico gruppo!
Negri Riccardo


Il luogo, fra quelli che abbiamo visitato, che mi ha maggiormente colpito è la casa della conferenza di Wannsee, perché, partendo dalla descrizione del luogo come un posto incantevolmente magico, considerando il lago, il verde e gli animali che richiamano la natura e la tranquillità, come se fosse un luogo paradisiaco e un’occasione per riposarsi e riflettere. Ma riflettere su cosa? Non in maniera egoistica del proprio io, perché per quanto la storia ci ha lasciato, quella casa, seppure in un primo impatto sembri una bellissima villa abitata da gente comune, nessuno si accorgerebbe, che quella casa dei sogni apparenti è oggi un museo, e in passato, in particolare nel 1942, ha ospitato i rappresentanti delle SS, del partito nazista e di diversi ministeri, per il progetto dell’assassinio degli ebrei europei, più precisamente la decisione della soluzione finale per lo sterminio ebreo. Molti furono gli ebrei uccisi in seguito a questa delicata e impopolare decisione. Purtroppo l’animo umano non ha dignità ed è pronto a tutto pur di ottenere la vittoria, la ricchezza e un senso di infinita potenza. Secondo me questo luogo non rappresenta in maniera efficace la memoria della sua storia, ma non per una decisione personale o per volere di qualcuno, ma perché è la forza e l’azione della natura, che nasconde il ricordo e solo cercandolo permette di renderlo ancora vivo e misterioso. All’interno della casa ci sono numerose sale dove sono esposte fotografie, biografie di uomini e donne che hanno vissuto quel tragico momento della storia ed interessanti racconti che solo leggendoli, inducono il soggetto a soffermarsi sui particolari e a porsi mille domande pur di scoprire il  lato nascosto e la verità di ciò che è realmente accaduto. Quindi solo all’interno è possibile rivivere in prima persona quel tragico avvenimento, che solo con delle firme ed un verbale hanno segnato la storia e la vita di molti ebrei prima perseguitati e poi uccisi nei campi di sterminio.  Un luogo che mi aspettavo in modo completamente diverso è il campo di concentramento di Sachsenhausen perché secondo me non conserva più quella memoria nel tempo; non mi ha suscitato quel brivido di freddo. Un luogo, perché esprima tutta la storia, il dolore subito dagli ebrei, uomini e donne, il lamento, il pianto, la voglia di uscire da quella prigione, dovrebbero essere tenuti così come sono e non continuamente modificati o revisionati. Ho provato una certa impressione quando sono entrata e ho visto un campo vastissimo con pochi edifici e lunghe strade; camminando lungo la strada si sentivano solo le nostre voci e quelle della guida che esprimeva la sua voglia di spiegare in modo delicato e puntiglioso ciò che realmente accadde in quel lungo periodo di persecuzione. Leggendo l’articolo sul “dibattito sulle forme più opportune per commemorare il passato” mi è scattato subito all’occhio che una politica dei monumenti commemorativi dovrebbe portare a “essere consapevoli della responsabilità consolidare la rielaborazione, approfondire la memoria”; secondo me è questo che dovrebbero cercare di mettere in atto i responsabili del campo; dovrebbero guidare i visitatori a guardare al dì là di un vastissimo campo apparentemente buio e trovare le anime ancora vaganti e vive all’interno di esso, provare a parlarci, a considerarle per quello che sono e a godersi questa magnifica opportunità che forse non tornerà più. Sicuramente la memoria è lo strumento più importante e giusto per custodire al meglio un luogo e più in particolare, come diceva il prof. Morsch: “per rendere alle vittime il tributo che non hanno avuto in vita e poi, perché questo luogo rappresenta una controprova per il futuro.” “Ricordare per non dimenticare” e “è necessario ricordare la Shoah e gli orrori del nazismo affinchè non accadano mai più”, in questo contesto la memoria esercita una funzione determinante per spiegare ciò che è realmente avvenuto in passato, per riviverlo, per fare del passato una lezione e vivere il presente sperando e battendosi perché questi avvenimenti non accadano più. Il ricordo del passato tra chi ha vissuto quei drammatici momenti è ancora vivo, sempre presente e pronto a fare riemergere quelle azioni, a perseguitare i veri protagonisti della Shoah nel tempo, vivendo portandosi dentro quell’angoscia e quella paura che quegli avvenimenti possano ripetersi. Ma è proprio attraverso la memoria, considerato un geniale strumento, che si costruisce il futuro, un futuro migliore, perché le persecuzioni razziali non hanno un motivo, una ragione di esistere, ed è quindi utile ed efficace che la memoria sia continuamente aggiornata e ricordata sempre ovunque ci troviamo; non a caso il progetto da noi seguito è l’educazione alla memoria. Anche il ruolo della conoscenza e della rielaborazione critica rientra in questo processo educativo e di ricordo, perché per ricordare è indispensabile conoscere, aggiornarsi e porsi delle domande concrete e utili per affrontare il passaggio successivo, cioè visitare i luoghi centrali e simbolo dell’oggetto in esame, in questo caso la Shoah.
Vedere con i propri occhi i luoghi della storia è sicuramente di estrema rilevanza, cioè approfondisce in modo emotivo e costituisce una sorta di approfondimento non solo visivo, ma anche applicativo di quello che si è appreso in precedenza. La visione di un luogo aumenta la conoscenza dei fatti nel momento in cui si è sicuri e pronti di poterlo fare, in qualche modo occorre andare a visitare un luogo sentendosi protagonisti a tutti gli effetti, ed è solo in questo modo che quel luogo, centro e simbolo di un determinato avvenimento storico, lo si può conoscere e scoprire quei segreti e quei misteri che nasconde e così anche il ricordo che quel posto porta con sé. Ovviamente solo vedere con i propri occhi un luogo senza una riflessione non aiuta a scoprire e tirare fuori la verità; occorre andare al di là dei fatti, immedesimarsi in quelle persone che hanno sofferto e continuano a portarsi con sé questo indimenticabile ricordo, solo così è possibile attraverso la visione concreta, determinare il proprio stato d’animo rispetto al tema affrontato e saperlo raccontare alle altre persone, desiderose di conoscerequesto importante tema che ha lasciato il segno. 
Ravagli Eleonora - 5° Istituto Tecnico Commerciale R. Valturio


Ad una settimana di distanza dal fantastico viaggio a Berlino, mi ritrovo a scrivere un resoconto. Che cosa posso dire? Ci sono luoghi e momenti, che mi hanno trasmesso delle sensazioni particolarissime e potenti.
Berlino è una città gigantesca e già fin dall’atterraggio dell’aereo si prospettava interessante: Con una vista dall’alto si potevano ammirare infatti i parchi, il fitto fogliame diffuso in tutti i quartieri, un po’ ovunque, ed il fiume Spree, che taglia tranquillo la città. C’è una parte, di Berlino, che mi è rimasta però particolarmente impressa, ovvero il Memoriale per gli Ebrei assassinati d’Europa, di Peter Eisemann. È stato sicuramente un monumento discusso, già dal tempo della costruzione e per questo anche noi ci siamo interrogati.
Ci siamo posti delle domande, e dopo un’accesa discussione che è andata a toccare i valori più disparati, siamo giunti ad un risultato. Non voglio scrivere di quel risultato, poiché non sarebbe uno sforzo mio, personale, ma sarebbe il resoconto di ciò che hanno detto altri. Vorrei piuttosto parlare delle sensazioni che ho provato, passando fra quei monolitici blocchi di cemento.
“Ho iniziato a camminare nervosamente, quando ci è stato dato il compito di osservare, di capire. Ho incominciato ad aggirarmi tra i monolitici pezzi di cemento, senza più vedere nessuno. E la luce, la salvezza, i palazzi colorati e gli alberi erano lontani, da qualunque punto li si guardasse. In quel momento ho sentito brividi di freddo corrermi lungo la schiena, una strana sensazione, visto il sole, che a momenti spaccava le pietre. Non vedevo più nessuno, ma sentivo forse qualcosa. Voci. Chi sono? Amici? Sconosciuti? Ho provato ad individuarle, a trovarle, invano. Il senso della perdita, l’ansia generata dai posti labirintici e la solitudine dopo pochi minuti hanno preso il sopravvento, facendo battere forte il cuore. E allora ho incominciato a camminare più velocemente, pur di uscirne… a correre. E poi ho incrociato qualcuno. Un istante di spavento, il cuore che batteva all’impazzata. Ci siamo scambiati uno sguardo, d’intesa, di stupore, di comprensione. Salendo su quei grandi blocchi ho visto quel che si può definire un cimitero. D’altronde, come lo si chiama un campo di steli? Una moltitudine di blocchi grigi, e qualche testolina che come me, pochi attimi prima, si aggira spaurita. In quel momento ho compreso. Le vittime. I carnefici. Gli spettatori. Quando c’è un genocidio esistono queste tre tipologie di persone, a comporlo. Alcuni bambini, giocando a prendersi me l’hanno fatto capire. Coloro che girano tra le steli sono le vittime ed i carnefici, gli uni tentano di fuggire, di nascondersi, gli altri, con lo stesso timore, ma con una punta di sadismo e ferocia, li cercano. E gli spettatori? Che cosa possono fare, gli spettatori? Guardare il cielo, fare finta di niente. Prima o poi, però, le urla giungono alle tue orecchie e, volente o nolente, occorre girarsi e guardare. Oppure possono schierarsi, da una parte o dall’altra, aiutando vittime o carnefici, in base alle proprie convinzioni. Chissà a che cosa pensavano, quei bambini, mentre giocavano fra le lapidi, in quel cimitero enorme? Probabilmente a niente. La professoressa aveva dato loro sicuramente qualche cenno, qualche nozione storica, dopodiché, tutti a giocare, in mezzo al cimitero. Ma un giorno, quei bambini saranno grandi, maturi, con una coscienza sicuramente migliore rispetto a quella di oggi. E si domanderanno: “Che cos’era quel monumento fatto di lapidi? E perché era lì?” E sicuramente torneranno ad indagare, ponendosi domande e dandosi risposte.” Altre sensazioni, più o meno piacevoli mi sono state date da Wansee, la splendida località dove, per ironia della sorte, venne programmata la più brutta vicenda della Seconda Guerra Mondiale, lo sterminio degli ebrei. Il posto era piacevole, e grotteschi erano i racconti di ciò che era accaduto tanto tempo fa, fra quelle stanze. Sono sicuramente rimasto un po’ deluso dal fatto che non ci fosse più traccia di mobili e altro, poiché la villa, diventata museo, ha perso sicuramente l’atmosfera, e quindi potere sugli spettatori.
Piacevole è stata la visita al resto della città: In pochissimi anni, Berlino, pur non essendo ricchissima ha saputo riprendersi, diventando una città dalla grande tolleranza verso gli stranieri. È stato piacevolissimo girare in metropolitana, e poter osservare come usi e costumi, età e carnagioni differenti si siano amalgamate, creando un melting pot mondiale. I parchi, gli alberi onnipresenti, le piste ciclabili e la poca presenza di traffico, sono state sicuramente altre cose positive.
Ma la cosa migliore è stato il bellissimo rapporto di amicizia instauratosi con gli altri ragazzi. Ho avuto modo di conoscere tantissime persone nuove, diversissime da me e tra loro, ma accomunate dall’interesse per la cultura. Grazie a loro ho saputo affrontare momenti difficili (le due giornate passate in aeroporto), e ho condiviso riflessioni. Ma il ringraziamento fondamentale va a Laura, Carla e Daniele, che mi hanno dato questa grandissima possibilità, e che credo di aver saputo sfruttare. Grazie, grazie davvero.
Sono dell’opinione, che questo viaggio, essendo una tradizione da oramai tantissimi anni, debba continuare: Certo, è facile informarsi attraverso i libri e internet, ma, secondo me, non basta. I luoghi, le cose, bisogna vederle con i propri occhi. Bisogna toccarle con mano. Occorre passarci attraverso, per mettersi in contatto con i propri, reali sentimenti. Questa è sicuramente una delle pecche più grandi di ciò della quale noi ragazzi d’oggi abusiamo. Quindi, spero con grande fervore che qualcuno, il prossimo anno, possa prendere il mio posto, visitando chissà quale interessante sito, apprendendo nuove nozioni e mettendosi in contatto con la propria anima ed i propri sentimenti. Grazie, grazie ancora al Progetto Memoria di Rimini.
Brunone Luca - 5° Istituto Tecnico Industriale L. Da Vinci 


Parlare della Shoah è difficile, è complesso. Le contraddizioni, le ambiguità, le ambivalenze sono molteplici. Il solo punto sul quale noi possiamo insistere è il perché siamo qui, a Berlino, oggi a Sachsenhausen.
Le nostre ragioni iniziali potevano essere banali: il desiderio di viaggiare; l'interesse per il periodo storico e la volontà di renderlo reale, distaccandosi dai libri di testo; la curiosità di vedere una città importante, magari nuova; spesso era una necessità di chiarezza.
Già l'essere qui è un impegno perché questo non accada più, dove 'questo' è l'enormità dell'orrore, ma soprattutto la condizione decisiva di spettatori, coloro che nel momento del crimine decidono di non opporsi. Questa esperienze ha tutte le caratteristiche per renderci coscienti e personalmente coinvolti, ma è purtroppo evidente che ognuno di noi deve filtrarla e scegliere come reagire. E' comunque vero che tante più persone hanno l'opportunità di viverla, più forse potranno scegliere di non essere passive. Vi sono due conoscenze: l'una teorica, cioè lo studio del fatto storico, e l'altra emotiva, ovvero il vivere e il ripercorrere il fatto storico. L'interesse e le competenze non possono che influenzare e modificare la sensazione in un rapporto reciproco e intercambiabile. Perché il fatto storico sia nostro, è necessario sperimentarlo direttamente. i luoghi allora permettono la comprensione. Con tutto quello che osserviamo dobbiamo metterci in relazione: vi è l'incontro tra il proprio modo di essere e ciò che il luogo ha da offrirci. Il risultato è il porsi sempre nuovi, altri interrogativi, seguendo la linea guida che il Progetto di Educazione alla Memoria ci ha fornito. L'osservazione attenta e la precisione sono gli strumenti per trovare quelle domande, l'oggettività e la sicurezza dei dettagli ci portano alla ricchezza di una visione più ampia. Attraverso il dialogo possiamo trovare possibili risposte alle nostre domande, e poi ancora fare scaturire nuovi interrogativi, in un meccanismo progressivo e sempre positivo. Benché il confronto sia basilare, dobbiamo ricordare che il percorso è individuale, impegnativo, difficile, ma unico. Certe situazioni si creano, certe contingenze tendono a riproporsi in maniera differente. Non tutto è passato, non possiamo credere che una volta accaduti gli eventi siano conclusi per sempre. La società è fatta del nostro essere, dei rapporti tra gli uomini e cambia nel momento in cui l'uomo agisce. Noi oggi non possiamo dunque non sentirci investiti di una responsabilità. La differenza sta nel nostro atto: discriminazione razzismo, indifferenza sono gli ostacoli da sormontare con una maggiore consapevolezza. Anche nell'emozione, nella nostra sensibilità c'è la libertà di fare una scelta.
Amati Simone,Gaia Garuffi, Claudia Giorgini, Giada Molari, Irene Aurora Paci, Lucia Pezzola


Il nostro viaggio a Berlino è stato un’esperienza unica, indimenticabile ed utile per riflettere sulla memoria del nazismo in Germania. Nonostante avessi già visitato la città di Berlino, credo di aver vissuto questa seconda visita in maniera più consapevole ed attenta. Ciò che ho apprezzato è stato in particolare il metodo con il quale abbiamo effettuato le nostre visite: ci siamo sempre soffermati sul perché di tutto ciò che vedevamo e abbiamo sempre trovato un momento di riflessione per confrontare i nostri punti di vista. Dei luoghi che abbiamo visitato, penso che il Denkmal für die ermordeten Juden Europas sia stato quello che mi ha maggiormente colpita. Dopo aver ricevuto le informazioni necessarie a proposito degli ebrei e della costruzione di questo Memoriale, abbiamo avuto il tempo di attraversare il monumento e soffermarci sulle sensazioni che questo generava in noi. Infatti, non si tratta né di un comune museo, né di un cimitero, ma di una costruzione simbolica, realizzata per ricordare le atrocità del nazismo. Diversi sono i pareri a proposito di questo Monumentale così insolito, costituito da semplici lapidi tutte uguali di colore grigio. Il visitatore può entrare all’interno del Memoriale, o rimanere all’esterno. L’entrata comporta un’esperienza individuale: man mano che ci si addentra, il suolo si fa irregolare e le lapidi aumentano di altezza, tanto da trasmettere un’impressione di smarrimento e confusione. Il Monumentale ha un aspetto labirintico ed è il visitatore che, camminando, sceglie di passare da un lato, piuttosto che dall’altro. Secondo me, il Memoriale  è efficace per la sua funzione, che consiste nel ricordare e allo stesso tempo nell’informare. L’opera di Peter Eisenman riesce nella sua essenzialità a “comunicare molto a chi vuole ascoltarlo” grazie al suo simbolismo, che per molti costituisce anche un limite alla comprensione. Il Memoriale per gli ebrei si basa sull’efficacia del “non detto”, ma unisce ad esso l’informazione, data la presenza del sottostante centro di documentazione. Credo che l’idea di Eisenman sia stata molto efficace, soprattutto per aver evitato di affrontare le singole storie delle famiglie ebraiche. Le lapidi, tutte uguali di un colore che trasmette angoscia e tristezza, rappresentano meglio l’uguaglianza nella sofferenza. Inoltre, il fatto che le lapidi sono tutte lisce, dà l’impressione di non aver nessun punto al quale aggrapparsi per evadere.
Nessun luogo si è rivelato completamente diverso da quello che mi aspettavo. Forse solo la Casa della Conferenza di Wannsee mi è sembrata un po’ diversa dalle mie aspettative. Quando siamo arrivati, il luogo trasmetteva un senso di pace e di tranquillità che era in forte contrapposizione con la terribile verità storica che proprio lì ha avuto luogo.
Il ricordo ha un grandissimo valore ed è giusto non dimenticare ciò che è successo. E’ vero che le atrocità che hanno avuto luogo, hanno meno possibilità di verificarsi nuovamente grazie alla memoria del passato, ma questo non le esclude. È fondamentale collegare il ricordo del passato all’azione nel presente, ma ciò deve avvenire attraverso una rielaborazione critica e consapevole.
Secondo me, vedere coi propri occhi i luoghi della storia è molto importante, perché rende maggiormente consapevoli e coinvolti. Ci si sente parte di ciò che si osserva e si sviluppa un maggiore spirito critico. Vedere i luoghi della storia permette di approfondire le nostre conoscenze e di interessarsi di più. Senz’altro c’è un’enorme differenza tra leggere la storia sui libri e visitare i luoghi in cui questa si è svolta. Personalmente, mi è servito di più essere stata in quei luoghi, averli vissuti in base alle mie conoscenze, ma anche attraverso la mia sensibilità. Non si tratta più di una partecipazione passiva, ma da protagonista.
Grazie davvero per quest’esperienza che porterò sempre con me.
Garuffi Gaia - 5° Liceo Linguistico Valgimigli


La prima immagine che ci viene in mente pensando alla caotica Berlino è proprio il luogo che per eccellenza è privo di immagini: il memoriale di Eisenman. Ci ha colpito nella sua imponenza e silenziosa capacità di suscitare in noi un sentimento di smarrimento e inspiegabile terrore. Si stende per decine e decine di metri vicino alla cupola del Reichstag, da dove è possibile scorgerlo nel suo inquietante grigiore. Ci aspettavamo un diverso memoriale, non eravamo a conoscenza dell’opera dell’architetto ebraico: nella nostra testa si stagliava l’immagine di un monumento carico di simboli, cifre, targhe, figure, statue ai cui piedi la gente portava fiori o accendeva candele in memoria di quello che era successo. Anche questa diversità tra ciò che abbiamo trovato e le nostre aspettative ha reso quest’opera la più significativa per noi. È un monumento che serve per ricordare, per ammonire gli abitanti del presente a non compiere più gli errori del passato. L’importanza di questa analisi della storia sta nella sua capacità didascalica: è un cammino che il singolo compie all’interno di sé. Lo studio dei fatti nel luogo in cui sono accaduti, la possibilità di vedere con i propri occhi forme storiche più tangibili di quelle che troviamo sui libri è un privilegio, un’opportunità irrinunciabile: i cinque sensi accompagnano la mente nell’assimilazione degli eventi passati. Ed è stato proprio questo a rendere il nostro viaggio una bella esperienza: abbiamo unito l’utile al dilettevole, ripercorrendo con un gruppo entusiasta ed interessato le tappe del genocidio degli ebrei. La compagnia è stata insostituibile: come uniti da questo interesse comune abbiamo stretto profonde amicizie che sappiamo saranno dure a sparire. È stato un breve viaggio, ma la sua intensità  ci ha cambiato, ha fatto un solco nella nostra personalità che solo a posteriori riusciamo a riconoscere.
Ragini Raffaele e Timotin Andrei - 5° Liceo Classico G. Cesare e Istituto Tecnico Industriale L. Da Vinci


Il luogo che più maggiormante ci ha colpite è stato il campo di prigionia nazista: Sachsenhausen.
Dal 1936 al 1945 sono state imprigionate circa 200 mila persone di cui il 20% di origine ebraica.Alla fine della guerra quando i nazisti scapparono restarono solo 3000 prigioneri stremati dalla fame e dalle malattie.Sachsenhausen era qualcosa più di un lager in quanto doveva rappresentare secondo gli intenti nazisti un campo modello dove progettare nuove forme di sfruttamento del lavoro carcerario.
Superando il cancello sul quale vi è la scitta "il lavoro rende liberi"  siamo subentrate in uno spazio verde tremendamente grande, sorvegliato da diverse torri, pronte  a sparare nel caso di disubbidienza.Ci siamo sentite come delle piccole formiche, calpestabili da un momento all'altro.
Accanto ai dormitori a est dell'entrata si trova l'area in cui i prigionieri venivano portati a margiare per ore e ore al fine di stremarli fisicamente e psicologicamente.Ricordiamo che questi "sentieri",se così si possono chiamare, erano asfaltati con delle pietre appuntite disposte in maniera disordinata, in questo modo è facile comprendere come fosse difficile camminarci sopra.Nelle baracche a ovest erano localizzate le officine mettallurgiche, le sartorie e le falegnamerie,poco distante il braccio delle morte:qui i ribelli, i malati e coloro che non erano abili al lavoro venivano uccisi tramite fucilazione e impiccagione, vi era una sorte di seminterrato, nel quale erano disposti tronchi di legno contro le pareti in modo da renderle insonorizzate. Pertanto quando i prigionieri venivano uccisi non si sentivano le loro urla. In seguito fu aggiunta una camera a gas, i prigionieri venivano condotti all'interno con la scusa di utilizzare le docce.Venivano fatti spogliare e ciascuno doveva riporre i propri vestiti nell'apposito appendino dando loro l'idea di poterli riprendere in un secondo momento. Oggi all'interno della restante camera a gas vi è un monumento in onore di tutti coloro che sono morti a causa dell'atroce ideologia nazista. Davanti a quest'ultimo, il giorno nel quale abbiamo visitato il campo,ci siamo raccolti in cerchio e ,accendendo un lumino, abbiamo commemorato i defunti tramite un nostro pensiero.
Ritaniamo che la visita di questi luoghi terrificanti sia essenziale per capire e ricordare la strage portata avanti dall'ideologia nazista. Solo camminando su pezzi di terra che hanno calpestato quelle povere persone, solo guardando lo stesso paesaggio guardato da quei poveri innocenti, ci si può immedesimare e trovare quell'empatia che spinge il voler continuare a ricordare in modo che genocidi come questo non accadano mai più.Infatti siamo assolutamente d'accordo con l'affermazione "è necessario ricordare la Shoah e gli orrori del nazismo affinchè non accadano mai più", solo rimediando agli errori passati si può sperare in un futuro migliore.Ciò è sempre possibile, è tutto nelle nostre mani, nella maturità della società in cui viviamo.Siamo sicure che se tutti avessero la conoscenza che abbiamo eriditato noi da questo progetto, sarebbero ora impensabili tutte le atrocità commesse a cause delle ideologie razziste, ancora molti presenti, nonostante le azioni terribili commesse dalla campagna nazista.Non condividiamo l'espressione "ricordare per non dimenticare" perchè troviamo inammissibile poter mettere in dubbio il ricordo di un così tragico evento.
La Villa della Conferenza di Wansee ci ha lasciato abbastanza scosse.Pensavamo che la sorte di migliaia di uomini non venisse decisa all'interno di una Villa immensa con vista lago, oltretutto appartenente ad una famiglia ebraica, bensì all'interno di una bettola, un luogo squallido come squillida era la conferenza che si doveva tenere.
D'Addario Giulia e Pezzola Lucia - 5° Liceo Scientifico A. Serpieri


“Chi vuole che il mondo rimanga com’è, non vuole che rimanga”.
“Molte piccole persone che in molti piccoli luoghi fanno molte piccole cose, possono cambiare il volto del mondo”.
(Cit. dal Muro di Berlino)
Berlino è una città piuttosto dispersiva.
Premetto che non vi ero mai stata prima e, già dal primo giorno, grazie anche alle utilissime spiegazioni  della nostra guida italiana, mi sono resa conto di quanto non sarei stata in grado di orientarmi da sola.
Ho osservato non solo strade, quartieri, monumenti, architetture e particolari interessanti, ma anche persone; persone che mi hanno colpita soprattutto per il loro vivere fuori dagli schemi, senza regole, noncuranti di se stessi, quasi come se volessero ribellarsi al crudele passato che ha in loro trasmesso sensazioni di smarrimento, disagio e dissenso. Infatti, fino alla caduta del Muro, avvenuta nel 1989, i berlinesi vivevano ancora in una realtà divisa, della quale ancora oggi rimane l’impronta. Tuttavia, Berlino non ricorda solo la triste realtà dei tempi del Muro, ma anche la tragica vicenda che coinvolse milioni di persone: la Shoah.
Per rendere omaggio al numero infinito di ebrei assassinati, la città ha favorito l’inaugurazione nel 2005 di un Memoriale, che tuttavia ha suscitato numerose polemiche. Ma l’intento che si era proposto Eisenman, artefice del Memoriale, era quello di VIVERE il Memoriale, non semplicemente di osservarlo.
A mio giudizio, il Memoriale ha lo scopo di trasmettere l’immagine del silenzio, della prigionia, del vuoto. Le steli, grazie alla loro immensità, conferiscono l’idea dell’ECCESSO, parola chiave per concepire la nozione di sterminio. Secondo la mia opinione, chi osserva il Memoriale, deve essere in grado di interpretare a suo modo ciò che gli è rimasto impresso e trattenerlo nel ricordo.
Oltre a questo, altri luoghi significativi, come Wannsee, il Museo della Topografia del Terrore (sede della Gestapo) e il campo di Sachsenhausen (sorto come campo di concentramento per prigionieri politici e poi divenuto campo di sterminio per l’uccisione degli ebrei) sono emblematici per aprire gli occhi, ragionare e quasi spaventarsi di fronte alla caparbietà, al coraggio e all’impeccabile precisione ed efficienza con cui carnefici, del calibro di Hitler, Heydrich ed Eichmann hanno mandato avanti e quasi del tutto completato il progetto di “razza pura”.
Mi ha impressionato soprattutto la tranquillità e l’assoluta fierezza di spirito con cui Eichmann, durante il suo processo in Israele, ha sempre negato di aver ucciso migliaia e migliaia di innocenti, sostenendo di aver solo eseguito gli ordini a lui imposti. Per questa grandiosa e significativa esperienza, grazie alla quale ho avuto anche l’occasione di conoscere tante persone e stringere nuove amicizie, ringrazio vivamente gli organizzatori del viaggio Laura Fontana, Maria Carla Monti e Daniele Susini, che si sono impegnati a fondo per realizzare questo progetto, regalandoci emozioni uniche.
Nanni Alba - 5° Liceo Scientifico A. Serpieri


Spesso si tende a cancellare i brutti ricordi, Berlino ha scelto di evocarli e noi di condividerli e viverli. La capitale germanica si è presentata come un libro aperto, le cui pagine impregnate di memoria prendevano forma ad ogni angolo di strada. Un libro dal significato non sempre immediato e segnato da una dualità e un contrasto visibili ancora oggi. Berlino è formata da "due città" molto diverse, ma unite da un unico passato cruento che si materializza in luoghi comuni  come il ponte di Oberbaumbrucke, dove dei cassoni luminosi raffigurano il gioco sasso - carta - forbice simbolo del conflitto politico tra est e ovest. Il monumento vuole far riflettere sulla questione dei fondamenti delle decisioni che sono balia della casualità, come in un gioco perverso dove l'unica regola è l'imprevisto e la posta è la vita. Come riferito dalla guida Claudio, questo prezzo lo ha dovuto pagare un bambino di cinque anni affogato nelle acque di nessuno poiché ne est ne ovest è accorso a salvarlo.Tutti ci siamo chiesti il perché, in quel momento così critico, nessuno ha pensato di disinteressarsi delle leggi e accorrergli in aiuto. Claudio non ha saputo rispondere e in verità a Berlino abbiamo trovato più domande che risposte. Domande che continueremo a porci e su cui probabilmente non troveremo mai risposta, ma continueranno a fare parte di noi e che ci aiuteranno a "ricordare per non dimenticare".
Un altro monumento molto importante della mia esperienza berlinese è stato la visita al Memoriale agli Ebrei Uccisi d'Europa di Peter Eisenman: 2771 lapidi che invitano il visitatore ad addentrarsi nella realtà della Shoah. Apparentemente è un percorso regolare a cui si può accedere da qualunque lato, formato da parallelepipedi di cemento tutti uguali che rimandano alla sistematicità del nazismo. In realtà ogni stele è diversa dall'altra per altezza  e il terreno su cui poggiano e irregolare. Addentrandosi tra le lapidi si perde progressivamente il contatto con l'esterno e sembra quasi di affogare in un mare di cemento. A causa del poco spazio tra i solidi, si è obbligati ad un percorso solitario il cui obiettivo è riflettere, ascoltando la voce del silenzio, le voci delle vittime. Questo memoriale infatti non è stato creato per gli ebrei, ma è l'ammissione esplicita delle colpe di una nazione. E' un opera destinata a noi cittadini del mondo di oggi affiche impariamo a ascoltare, a porci domande e a ricordare, poiché solo il ricordo può attivare nuove forze per impedire ciò che di brutto e di violento è accaduto.
Tutto il percorso studi e il viaggio a Berlino sono stati un'esperienza intensa,ricca ed interessante. Un bagaglio formativo e informativo che porterò nel cuore, poiché non si è trattato solo di acquisire delle informazioni ma di viverle. Il Progetto Educazione alla Memoria mi ha dato gli strumenti per analizzare non solo il passato ma anche il presente, e ha avuto un ruolo fondamentale per la mia educazione alla società. Questo tipo di percorso aiuta noi giovani a ricordare e a gettare le basi di un futuro dove il razzismo e la violenza non avranno più scuse.
Rachieru Claudia - 5° Liceo Scientifico A. Einstein 


Il luogo che mi ha colpito di più è stato Sachsenhausen perché ho capito come si sentivano coloro che si trovavano in quelle condizioni ed ho immaginato con orrore ed infinita tristezza quelle tragiche sensazioni. Il perimetro di Sachsenhausen era quello di un triangolo equilatero all’interno c’era il primo edificio dove si trovava un “ufficio” centrale, più avanti alcuni anni dopo venne  costruita una torre altissima con sotto una statua commemorativa. Delle baracche dove dormivano i deportati  ne sono state ricostruite solo due, mentre le altre sono state ricordate  con dei blocchi di pietra situati nei medesimi posti di quelle realmente esistite. Andando in fondo al campo verso sinistra si entra in una zona dove c’erano i forni crematori e questa scoperta è angosciante, poiché vengono in mente subito i milioni e milioni di uomini, che la dentro hanno trovato l’ultimo momento di  un destino inspiegabile, infinitamente assurdo. Sono queste le sensazioni che provato, per questo non riesco a trovare parole diverse da queste davanti hai forni e davanti alla camera dove gli sparavano e si comprende che cosa fu il concentramento e lo sterminio e del feroce programma nazista, per il quale un intero popolo, e non solo, avrebbe dovuto scomparire per sempre dal mondo.
Anche la casa della conferenza di Wannsee rappresenta un grande paradosso storico ed umano, infatti ha una stupenda architettura, è grande, bellissima, con un parco ed un lago suggestivi, ma all’interno di quelle stanze ci fu la riunione per decidere come sterminare milioni di Ebrei.
“Ricorda per non dimenticare”, credo che questa frase sia fondamentale da ricordare, se noi non teniamo vivi questi ricordi, anche se terribili, rischiamo di dimenticare, e dimenticando lasceremo dietro una parte della nostra storia fondamentale, perché l’umanità in quel periodo è stata segnata da uno dei più grandi stermini mai visti. E questo si ricollega a una nuova frase:”è necessario ricordare la Shoah e gli errori del nazismo affinché non accadano mai più.”. Se noi dimenticassimo il passato rischieremmo di assomigliare nuovamente a nefandi crimini contro l’umanità.
Studiare sui libri leggere molto è certamente il primo passo per verso l’acquisizione di informazioni e competenze utili, ma vedere direttamente alcune cose ti dà la vera dimensione dei fatti accaduti. Nel mio caso posso dire che un po’ la mia stessa vita è cambiata, nell’osservare quei posti che non avrei potuto mai neanche immaginare, è cambiata la mia coscienza di cittadino del mondo che ora riconosce l’importanza di testimoniare sempre quello che il tempo di far dimenticare.
Quarantacinque ragazzi hanno vinto un viaggio a Berlino di cinque giorni dopo aver partecipato a un corso sul nazismo. Parlando con uno di quei ragazzi e sentendo il suo entusiasmo per il viaggio, abbiamo intuito quanto sia importante andare sui luoghi dove si è svolta la storia, indipendentemente dall’evento accaduto. Questo viaggio ha formato moltissimo la cultura di questi ragazzi, provocando in loro una crescita morale e una forte curiosità sul significato profondo della shoah. Ogni angolo del campo di Sachsenhausen vive di una memoria storica cosi forte che colui che lo visita riesce ad immaginare ogni circostanza e sentire la disperazione di chi, innocente diventa improvvisamente un perseguitato, senza che più niente venga riconosciuto alla sua dignità di essere umano.
Migani Giulio - 5° Liceo Scientifico A. Serpieri


Nel tempo trascorso in questo viaggio studio, tra i luoghi che abbiamo visitato a Berlino, quello che mi ha maggiormente colpito è stato senza dubbio il Memoriale degli Ebrei Uccisi d'Europa, dell'architetto americano Peter Eisenman. Il motivo di questa mia scelta, sta nella sua rappresentazione, che secondo me è riuscita a rendere veramente la sua storia.
L'architetto Eisenman, attraverso dei semplici blocchi di cemento che man mano crescono delineando una sorta di labirinto, è riuscito a far emergere il ricordo della morte di tutti gli ebrei. I blocchi che ricordano una sorta di lapide, trasmettono ansia e inquetudine e ti invitano a percorrere un tragitto solitario, invitandoti a pensare e a riflettere.
Oggi, secondo me, questo luogo riesce a rappresentare in maniera efficace il passato e la memoria di quegli ebrei che sono stati uccisi, non citando il nome e l'identità di ogni singolo uomo, ma lasciando solo un'architettura in memoria di tutti. Non vuole che la nostra mente si soffermi su un nome, ma vuole suggerirci qualcosa di più. L 'emozione che l'architetto Eisenman è riuscito a trasmettere, è unica e particolare di questo memoriale, che per me è riuscito a commemorare in maniera efficace la morte di tutti gli ebrei d'Europa, coinvolgendomi in maniera personale.
Un luogo a Berlino che mi aspettavo in maniera diversa, è stato il KL di Sachsenhausen. Il campo fu creato nel 1936, nei pressi di Oranienburg, e fu uno dei più grandi campi di concentramento nella Germania. La vasta distesa di terreno, con diversi capannoni nei d'intorni, che termina con la torretta, mi ha lasciato una sensazione strana. A una prima occhiata appare un luogo normale, mentre invece più lo esplori, più ti vengono in mente immagini di come possa essere stato negli anni in cui venne utilizzato. Camminando in quel luogo, la mente si isola per un'attimo e pensa alle persone che ne furono rinchiuse e alla loro sofferenza..
Non so bene se mi sarei dovuta aspettare qualcosa di diverso, so che l'effetto che mi ha dato non mi era mai capitato prima. Mi aspettavo qualcosa che mi terrorizzasse, invece guardando quei letti spogli, quelle celle, sono emerse immagini che mi hanno fatto pensare e che mi hanno fatto provare diverse sensazioni. Pensavo che sarei stata più colpita da ciò che vedevo, invece mi ha sorpreso il ricordo, la sofferenza, la rabbia e la malinconia che quel posto lasciava in ogni sua pietra.
E' possibile per noi, ricordare un evento per evitare la sua ripetizione nelle nostre circostanze, solo se ne acquisiremo la dovuta conoscenza. Non è possibile ricordare, se non si conosce, se non si apprende fino in fondo, quello che è stato e non quello che pensiamo sia accaduto. Rielaborando in maniera critica quello che ci è stato spiegato, raccontato e che abbiamo visto, è possibile affrontarlo. Solo in questo modo, oggi, possiamo avere le armi per evitare lo stesso errore nella storia dell'uomo.
Secondo me non solo è importante, ma è fondamentale, per chi ne ha la possibilità, vedere coi propri occhi i luoghi della storia. Assistendo e trovandosi davanti all'immagine di questi posti, si riesce a cogliere ancora più conoscenza, attraverso immagini che non si possono dimenticare. Visitare ogni luogo, si riesce a percepire ancora meglio l'essenza della sua storia.
Il viaggio a Berlino è una tappa fondamentale per chi vuole vivere qualcosa in più, rispetto allo solo studio dei libri di storia. Attraverso il viaggio-studio, si può veramente visitare, vedere coi propri occhi, i luoghi che caratterizzarono la nostra storia. Le emozioni che ne verranno, saranno uniche e difficilmente nella vostra vita avrete occasione di vivere un'esperienza simile. Per chi è stato colpito dal seminario seguito tutto l'anno, Berlino è la tappa finale che può lasciare qualcosa in più rispetto alle normali gite scolastiche e che risponderà alle tue aspettative e al tuo interesse.
Personalmente lo consiglio, a me ha lasciato qualcosa di davvero importante. Avendo compiuto 18 anni da poco, il mondo appare ancora più grande e difficile da comprendere. Il viaggio è stato un'occasione unica che mi ha dato qualcosa per affrontare meglio la vita di ogni giorno, imparando a osservare, a ricordare, a conoscere e a capire anche nel mondo in cui viviamo, che per dei ragazzi della nostra età deve essere compreso in fondo.
Giorgini Claudia - 5° Liceo Artistico A. Serpieri 


Per tutto il corso dell’anno scolastico ho partecipato al seminario sulla storia del nazionalsocialismo, e ritengo che già questa sia stata una grande opportunità per approfondire le mie conoscenze in merito ad un argomento così tanto scottante ed importante. Questa avventura si è conclusa con il viaggio studio a Berlino, e non poteva terminare meglio! Il viaggio per me è stato quasi fondamentale, e per questo spero che anche nei prossimi anni altri studenti avranno la possibilità di percorrere questo cammino. Le parole hanno sempre un certo effetto, ma vedere con i propri occhi e sentire in contemporanea le spiegazioni adeguate, è tutta un’altra storia. Penso che questa esperienza mi abbia aiutata a incrementare la mia conoscenza di ciò che è stato, e a prendere decisioni su ciò che potrebbe venir fatto per non dimenticare. Berlino è una splendida città, ha una storia interessantissima e pure tragica. Il luogo che mi ha maggiormente stupita è stato indubbiamente il “Memoriale per gli ebrei assassinati d’Europa”, progettato da Eisenman e completato il 12 maggio 2005. È  relativamente recente, costruito sul terreno dove si ergeva la Gestapo, viene spesso definito “il campo delle stele”, la visita è gratuita e aperta a chiunque decida di addentrarsi in esso. Le funzioni principali del memoriale sono quelle di ricordare e di informare le persone, e non posso negare che la vista del monumento abbia suscitato in me una gran sorpresa: mi ero immaginata qualcosa di completamente diverso! Ma dopo un iniziale sbigottimento, ne sono rimasta affascinata, catturata e rapita. Secondo me il memoriale di Peter Eisenman è efficace nel trasmettere la memoria di questo  tragico evento, perché esprime perfettamente la tragicità dell’evento, suscitando angoscia e tristezza in chi lo osserva. Il memoriale  è privo di qualunque simbolo, è spoglio, semplice, non vi sono immagini, nomi, ritratti di persone; ma è particolarmente essenziale e ricco di significato simbolico ed allegorico. Non esiste un unico ingresso, ognuno entra da dove vuole, scegliendosi il proprio percorso di visita. Le stele sono molto vicine l’una all’altra, tanto da permettere il passaggio di una sola persona per volta, costringendo immediatamente il visitatore a vivere un percorso solitario. Queste stele sono molto numerose, disposte su un terreno scosceso e non regolare, di grandezza differente l’una dall’altra: varia la larghezza, la lunghezza ed anche l’altezza. Esse ricordano delle lapidi, dando l’impressione al visitatore di trovarsi all’interno di un grande cimitero. Hanno un colore grigio e sono disposte in modo tale da portare il visitatore a perdersi tra di esse. La caratteristica principale di questo monumento è che dall’esterno non si vede nulla se non un ammasso di “pezzi di cemento”, la luce domina l’atmosfera e attorno a te vi sono segnali di vita, come ad esempio il tipico traffico cittadino. Ma se si sceglie di entrare all’interno, se si decide di prendersi questa responsabilità, allora la visuale cambia completamente. Una volta al suo interno i visitatori si perderanno in una mare sistematico, privo di umanità. Nessun simbolismo, di nessun tipo, è stato utilizzato, il che rende il memoriale libero all’interpretazioni. Il percorso è solitario, suscita angoscia, tristezza, smarrimento. La diversa altezza delle steli non permette di veder arrivare nessun altro, è la rappresentazione di una trappola umana.
La grande forza di questo memoriale è l’importanza che lascia alla singola scelta dell’individuo. In questo senso racchiude anche un altro degli aspetti della Shoah, che abbiamo in particolar modo affrontato durante la giornata trascorsa a Wannsee, ovvero l’esistenza di vittime, carnefici e spettatori, tra cui si possono però ritrovare anche gli eroi silenziosi. Il memoriale implicitamente li riprende tutti, permette di elaborare una propria coscienza su una delle vicende che ha macchiato la memoria del secolo scorso. È ovviamente necessario entrare nel memoriale solo se si conosce la storia, solo in questo caso acquista veramente significato.
Questo monumento mi ha talmente colpita che ho deciso di portarlo nella mia tesina.
Per concludere, posso sinceramente dire che il viaggio è una tappa essenziale del percorso che grandi persone ci hanno aiutato a seguire: vedere in prima persona luoghi così impregnati di storia mi ha suscitato emozioni, sensazioni e riflessioni che senza il viaggio sarebbero sicuramente rimaste nell’ombra, o comunque non sarebbero state così intense.
Mangia Greta -  5° Liceo Scientifico A. Serpieri 


Viele kleine menchen, in viele kleine orte, die viele kleine dinge machen, das gesicht den welt wechseln konnen.
Questa frase è rimasta nella mia testa dal primo giorno a Berlino ed è pensando al significato di questa frase, associata alle nozioni che già sapevo sulla shoah e su tutto quello che è accaduto negli anni dal 1933 al 1989 sono arrivata alle mie personali considerazioni. Tante piccole persone, in tanti piccoli posti, che fanno tante piccole cose, possono cambiare il volto del mondo (traduzione in italiano della scritta riportata su un pezzo del muro di Berlino). Ho raccolto tante storie di quelle tante piccole persone che hanno fatto tante piccole cose ed hanno lasciato un segno in bene o purtroppo in male nella storia. Questo progetto ha regalato molto, a tutti noi ragazzi che ne abbiamo fatto parte e senza il viaggio che è seguito agli incontri alla cineteca non avrei appreso tutto quello che in breve vi racconterò. Sono venuta a conoscenza della storia di persone che nel loro piccolo hanno cercato di fare qualcosa per aiutare un amico ebreo a scappare dalla persecuzione e dalla reclusione nei campi di sterminio (il museo degli eroi silenziosi); di chi seduto ad un tavolo ha decretato la morte di bambini, donne e uomini che si sono macchiati della colpa di appartenere alla religione ebraica, ad essere figli di ebrei (Villa della conferenza di Wannsee); e chi anestetizzando cervello e cuore è riuscito a mettere in atto quello che è stato un genocidio, una barbara ingiustificabile violenza; chi non è stato nemmeno degno del terribile gesto che ha fatto e che ha affermato fino alla fine del suo processo di non aver ucciso nessuno! (Eichmann, Topografia del Terrore). Se non avessi avuto la possibilità di fare questo viaggio probabilmente tutto questo e molto altro ancora mi sarebbe rimasto ignoto. Io concludo la mia relazione ringraziando tantissimo Laura Fontana,  Maria Carla Monti e Daniele Susini che hanno dato moltissimo per noi e che continueranno a farlo per i ragazzi che ci succederanno in questa importante esperienza.
Viglianisi Ramona


E stato un viaggio meraviglioso sia dal punto di vista del viaggio inteso come visione di tutto ciò che abbiamo studiato durante il seminario, sia per le persone che ho conosciuto e che non dimenticherò mai!
Berlino è una città stupenda soprattutto per la sua recente storia e il monumento che mi è piaciuto e mi ha emozionato di più è stato quello costruito da Peter Eisenman: grandi stele di cemento che si erigono tra il Reichtag e la Brandenburger Tor. Fuori sembra tutto uguale, dentro lo sconforto e il disorientamento è la sensazione più forte. Infatti all’infuori del monumento tutto è uguale in quanto si vedono steli che appaiono di egual altezza invece quando ci si addentra si prova a capire ciò che per gli Ebrei e Tedeschi è stato il Nazionalsocialismo: tutto visibile e trasparente da fuori, ma quando ci si addentrava con gli anni, la situazione cambia drasticamente ; il tuo vicino non è più un tuo amico ma è il nemico da annientare, il tuo medico è un ebreo e quindi non è più una persona. La storia di questo monumento è stata molto controversa poiché è soggetta a mistificazioni nel senso che non è a tutti chiaro il significato. Io credo che non debba esserlo come non lo è stato per tutte quelle persone che vivevano in quell’epoca. Ogni persona deve interpretarlo con le conoscenze che possiede e provare a capire cosa l’artista voleva trasmettere. Il limite che si può individuare è proprio questo: e le persone che non sanno niente a proposito della Shoah? Ecco credo che queste persone tornando a casa, si chiederanno tutti i giorni il significato di queste stele, tutte grigie e apparentemente uguali ( anche se non lo sono ). Credo che questo sia anche il ruolo della Memoria: porre delle domande ai giovani. Essi infatti si devono chiedere se tutto ciò che studiamo nei libri e che noi ( fortunatissimi ) abbiamo potuto vedere a Berlino può riaccadere o no. Io personalmente ho fatto questo corso soprattutto per scoprire se gli ultimi fatti  politici e sociali hanno qualche rimando al nazionalsocialismo e lo scopo del viaggio per me era appunto quello di  tornare e comportasi in modo diverso e responsabile per evitare naturalmente che tutto ciò accada di nuovo. Le ultime elezioni credo che ci abbiano dato la possibilità di essere responsabili e fare della Memoria un utilizzo positivo. Il lato della Memoria era appunto il titolo del nostro percorso: “ come si diventa nazisti?” . Infatti la Memoria può sfociare il nazionalismi determinati dal risentimento o altre emozioni negative. Il modo migliore di ricordare è quello di non dimenticare. Sachnenhausen è stato molto emozionante anche se a mio parere un giovane non è in grado di immaginare tutto ciò che è accaduto. La parte centrale del campo di concentramento è sicuramente una della parti più emozionanti invece quella parte che riguarda le camere a gas ecc non rende lo stato d’animo che provano gli ebrei e gli oppositori politici. Naturalmente è giusta la decisione di non ricostruire tutto quello che c’era solo per dare al visitatore il gusto del macabro che desira però secondo il mio punto di vista non è del tutto chiara alla sola visione la dinamica e le costruzioni del campo.
Ringrazio Laura, Carla e Suso per averci regalato questa magnifica esperienza che spero molti altri giovani possano rifare perché è stato un momento di alta formazione sia dal punto di vista della conoscenza della storia e dei fatti, ma in modo particolare di arricchimento personale attraverso la conoscenza di molte persone con pensieri e esperienze di vita totalmente diverse§
Grazie!
Mastellari Alex - 5° Liceo Linguistico Valgimigli


Sono passate due settimane dal nostro epico ritorno da Berlino. Più di tutto sono rimaste le risate di quei cinque giorni dilatati in sei, la capacità di iniziare rapporti, stringerli, consolidarli, inventarli; la fortuna di essere quasi tutti pronti ad offrirci, in un modo o nell'altro.
E' forse inconsueto dire che di un viaggio conclusivo del progetto di educazione alla memoria rimangano risate. Ma questo è stato: il nostro impegno, l'interesse, la facilità qui fondamentale di scindere il momento della riflessione diretta dal divertimento. Che proprio per questo non è stato mai fuori-luogo, dove 'luogo' ha valenza distinta e preziosa.
Abbiamo visto tanti luoghi, li abbiamo cercati, ci sono entrata e mi sono allineata su orizzonti diversi per poterne cogliere tutto quello che io potessi trarne. Volevo prendere dei resti del muro i dettagli dei mattoni, la linea del confine est-ovest che calpesto mentre immagino (capita di pensare al primo ferito e non soccorso nella zona morta, in quel limbo intoccabile), le svolte della strada già percorsa tra Friedrichstraße e Potsdamer Platz. Ecco, cammino e guardo, ancora di più se siamo tra Oranienburg, le corti del quartiere ebraico e la luce mite, meravigliosa che entra di traverso nella stanza del Memoriale degli Eroi Silenziosi. 
L'abbiamo già detto, i luoghi hanno qualcosa da offrire, si pongono come strumento più e meno evidente di conoscenza. Allora io ho provato, come sempre provo, a capire qualcosa: è difficile, perché c'è altro dietro alla facciata della Sinagoga ed altro in cima agli scalini del Reichstag, ed io dimentico. Tento di conoscere e di tenere a mente, l'emozione mi prende mi perfora mi muove al pianto (è dentro alla serpentina di  quarantadue ragazzi sulle strade di Kreuzberg e all'aria tersa -in realtà inquinata, ma berlinese- che si respira nei giardini dei ristoranti), poi dimentico. Ma non tutto, spero.
Ci è stato dato moltissimo: l'enorme lavoro di preparazione, la quantità di materiali, le dettagliate spiegazioni, gli accenni curiosi, gli spunti di riflessione di tutti gli accompagnatori. E' rimasto sicuramente quell'interrogativo politico dal quale non possiamo esimerci. Non è automatico, ma è ormai invitato, esortato, stimolato. Non è detto che sappiamo coglierlo, è purtroppo diffuso e decisamente più facile il lasciar perdere: senza cattiveria, volendo evitare l'indifferenza, riproponendosi di agire, è normale fare sfumare il decorso e lasciarlo spegnere. Ma il seme è stato piantato e forse germoglierà; sto cercando di pensare alle reazioni tipiche e pronosticabili: mi sembra impossibile che ciascuno di noi non si senta davvero partecipe, se non altro per un secondo motivo: anche se noi ci sentiamo assolti, siamo lo stesso coinvolti, nella storia che è stata, nell'Olocausto prima rimosso e poi drammaticamente e razionalmente rielaborato.
Il luogo che più mi ha colpito è stato il Monumento agli Ebrei Assassinati d'Europa: per tutto ciò che è stato già scritto, ma soprattutto per l'impatto che provoca unito al sapere storico e critico che richiede, come mezzo architettonico contemporaneo e ricco del passato che è materia prima.
E' scarno, essenziale, toccante. Per questo oggi è efficace. E' tagliente, come 'la realtà che sceglie di non rappresentare': il visitatore decide di interagire con la sua propria sensibilità; la lapide è fredda, come il rigore nazista. Più ingressi indistinguibili: non vi è inizio, non vi è fine. Non vi è giustificazione all'enormità dell'orrore. Ma non si cerca giustificazione, si prega: 'il memoriale è concepito non per essere osservato, ma vissuto. [..] L'architettura si è trasformata in una enorme installazione ambientale, da attraversare fisicamente.'
Non si cerca giudizio, nelle reazioni dei visitatori, né lo si può fare. Ognuno è libero di rapportarsi come crede con la memoria, se scherza da ragazzo forse ci si può augurare che più avanti ne colga la pesantezza: se ci scherza dopo esserci già stato, forse alla solennità e alla riflessione della prima volta decide di unire la consapevolezza della necessità di superare la tragedia, senza cristallizzarsi su un'emozione disperata ma inattiva. E' un senso di nausea la sensazione più forte. Terreno che non solo sprofonda, ma lo fa con saliscendi continui. La volontà di guardarsi attorno, benché consci di uguali lapidi innumerevoli: se non è proprio smarrimento, è una labirintica confusione provocata dalla secchezza della pietra grigia. Allo stesso modo le diverse altezze delle stele scuotono nella loro determinata e ormai definitiva immobilità. Risiede nella libertà di porsi la partecipazione di ognuno.
Si parla di luoghi e di luoghi come strumenti didattici su due dimensioni; si indaga sull'importanza del vedere per meglio comprendere: non è solo vedere, è toccare, sedere nell'erba, sulla ghiaia, nelle stanze della Casa della Conferenza a Wannsee -al posto di Himmler?-, respirare quella che credi sia la cenere di Sachsenhausen nella zona Z, incontrare l'attuale porto industriale guardando finestre murate, pareti senza appigli, la Sprea e il Molecule Man. Visitare fisicamente lo spazio aiuta nello studio, è un supporto, un ausilio, non una necessità. Avere a disposizione tanti spazi permette un'immersione facilitata e una valorizzazione dei contenuti, perché riflessi nel paesaggio che ben presto diventa quotidiano. Perché Berlino mostra tutto. Non lascia nulla coperto, pare; di non visibile sembra esserci solo ciò che è stato distrutto. Non si vergogna degli ultimi sessanta anni di vita, scissa tra la modernità della Philarmonie doratamente kitsch, la Fernsehturm, le squadrature democratiche e la contemporaneità di edifici che sono banche, appartamenti... Si vanta del suo giovane passato: mantiene in vita l'università, i duomi, le piazze, la Konzerthaus, la Staatsoper; le conserva, le rimette a nuovo, le inserisce nella sua dinamica vitalità.
Paci Irene - 5° Liceo Linguistico Valgimigli


Un viaggio-studio per coronare un percorso durato un anno scolastico, un’esperienza unica ed irripetibile che si è concretizzata grazie al Comune di Rimini e all’implacabile forza di volontà di Laura Fontana, Maria Carla Monti e Daniele Susini. Chiunque abbia preso sottogamba questa possibilità che ci è stata data seguendo un impeccabile criterio di meritocrazia si è dovuto ben presto ricredere maturando una diversa concezione della Storia: tutto quello che fino a qualche giorno prima era scritto sui libri di testo e risuonava nelle aule scolastiche come un evento tanto lontano dal vissuto personale si è presentato davanti a noi, ragazzi diciottenni, come un assioma. Il passaggio dalla teoria alla pratica è un elemento fondante del percorso interiore di ogni individuo; riuscire a contestualizzare un evento tanto tragico nella storia dell’umanità può essere motivo di inquietudine e di rinnovata consapevolezza. Le magistrali spiegazioni di Laura ci hanno permesso di entrare con facilità nel grande, e per certi versi magico, mondo della Storia fatto non solo di numeri, ma di persone, che, con la loro presenza, hanno cambiato il mondo. Riuscire a comprendere ciò che si nasconde dietro una frase incisa nel lastricato in lettere bronzee, dietro una fotografia in bianco e nero di un viso affranto o dietro enormi blocchi di cemento che si ergono nella loro macabra semplicità è una triste constatazione di desolazione fisica e spirituale. In uno scenario di annichilimento si deve far largo una spinta contraria che predisponga l’animo di tutti coloro che ripercorrono le tappe di una pagina tanto dolorosa del periodo contemporaneo alla nascita di una nuova criticità, incapace di accettare formalismi e frasi di circostanza, che rielabori e plasmi l’esistenza di ciascuno sulla base di postulati deontologici. Ricordare perché la storia non si ripeta è del tutto inutile se non ci si mette in gioco in prima persona cambiando completamente la propria forma mentis e la propria quotidianità. Il vocabolo “ricordare” in questo contesto racchiude in sé anche un’esortazione all’azione in modo tale che non risultino vani i moniti declamati da tante figure illustri nel corso degli ultimi sesant’anni e che ognuno, nel suo piccolo, si adoperi per relegare il pregiudizio e la xenofobia ai margini del vissuto; solo in questo modo “ricorderemo affinché non accada mai più”. Ẻ proprio questo il significato del “Memoriale per gli Ebrei assassinati in Europa” di Peter Eisenman. Tramite l’utilizzo di 2711 menhir posti in successione su declivi e pianure si viene a creare una complessa struttura che diventa, man mano che ci si addentra, tetra, inospitale e angusta un luogo dove ci si può perdere a causa dell’assenza di indicazioni. Tutto ciò che puoi vedere è il parallelepipedo di cemento grezzo e, in lontananza, ciò che c’è all’esterno, ma che sembra non poter essere raggiunto. Il lento sprofondare verso la centralità della struttura causa un forte senso di claustrofobia ed i grandi blocchi non sembrano più così perfetti come lo erano al di fuori, tutto è dubbio e paura. Queste emozioni sono frutto di un accurato studio sulla percezione e sulla psiche umana che derivano dal desiderio di rappresentare il genocidio in un modo diverso, un modo che annulli le differenze tra gli uomini, che sia in grado di surclassare il singolo in virtù della moltitudine, che si mostri come una realtà imprescindibile con la quale ci si deve inevitabilmente scontrare. La collocazione del Memoriale non è casuale; esso infatti è situato nei pressi del bunker dove si tolse la vita il padre del Nazismo, nonché dietro il Reichstadt, nel centro di una fervente Berlino che non può far finta di niente e dimenticare. Visitare questi luoghi è una chance che probabilmente per molti non si riproporrà presto; spero che in futuro tanti altri abbiano questa magnifica occasione e riescano quindi a crescere sotto molti punti di vista. Grazie di cuore.
Bertozzi Federica - 5° Liceo Scienze della Formazione Valgimigli


Uno dei luoghi che mi ha maggiormente colpito e stupito è il memoriale degli ebrei uccisi in Europa. Non conoscendolo non ci si aspetterebbe mai di trovarsi di fronte una vasta distesa di stele di cemento, tutte delle stesse dimensioni ma diverse nell’altezza. Se osservato da una certa distanza il memoriale appare solo come una collinetta irregolare, chiusa e fredda, come a significare che il modo migliore, più corretto di “leggerlo”, di rapportarcisi sia da vicino e dal suo stesso interno. Fra le stele infatti si aprono infiniti corridoi fra cui ci si può spostare parallelamente o perpendicolarmente e addentrandosi verso il centro della costruzione il suolo segue una certa pendenza, una discesa. Con il rispettivo aumentare della profondità del suolo e dell’altezza delle steli si viene a creare un effetto di “accerchiamento”, di solitudine e anche di effettiva oscurità, interrotta a tratti da spiragli di luce dovuti alla diversa inclinazione delle stele. E’ difficile stabilire se questo luogo rappresenti oggi in maniera efficace la memoria degli ebrei sterminati in Europa, sicuramente non ne fornisce un ricordo né diretto né tanto meno preciso o di facile lettura. Ad ogni modo ritengo non siano state queste le intenzioni di chi l’ha progettato e che questa particolare scelta sia mirata ad ottenere e creare un altro effetto e un altro scopo. Il monumento va “vissuto”, ossia prevede e richiede un visitatore, un osservatore disposto a passarci dentro a girare fra quegli stetti corridoi, a lasciarsi comunicare qualcosa, che sia un emozione, un dubbio o una riflessione. Non avendo una lettura privilegiata e unica offre vari livelli di comprensione e di comunicazione a chi sia disposto a porsi domandi e a interrogarsi e ad interessarsi ad esso e alla questione che esso rappresenta. Inoltre per restituire alla storia la sua complessità e particolarità vi è nei pressi del memoriale un centro/museo di informazione con storie, dati, documenti e foto precisi.
L’intera esperienza è stata nuova e del tutto inedita per me, ad ogni modo un luogo che mi aspettavo fosse gestito diversamente è il posto di blocco di “charlie” che al tempo divideva la Berlino est da quella ovest (come tutto il muro del resto). Sebbene vi siano pannelli informativi molto ben curati riguardo alla storia del muro e alle vicende ad esso inerenti non pensavo che l’aspetto commerciale fosse così preponderante. Certo che il turismo va alimentato ma fare economia su di una questione così seria, profonda e recente a cui sono legate le vite(la morte) di molte persone, al di là di semplici moralismi, non mi sembra il massimo.
Il ricordo prevede la conoscenza dell’ avvenuto e al tempo stesso la sua comprensione il più possibile completa. In questo senso ricordare, aver capito, dovrebbe porci nelle condizioni di saper interpretare il presente in un’ottica più ampia e anche quindi di compiere certe scelte piuttosto che altre. Questo comunque non scongiura automaticamente ogni sbaglio o ogni possibile ripetizione di determinati errori. Errori che la storia ripropone sì, ma in termini sempre differenti, o almeno, apparentemente differenti. La rielaborazione critica e l’interiorizzazione in un certo senso alzano(dovrebbero) il nostro livello di attenzione e la nostra soglia di allerta nei confronti di determinati comportamenti, nostri o di altri. Non sempre ci ricordiamo o siamo capaci di essere coerenti in questo senso e si è portati a ripetere gli sbagli già commessi; già accorgersene può aiutarci a non perseverare e a correggerci.
“Vedere un luogo” a mio parere è fondamentale. La conoscenza teorica e “indiretta” è certamente alla base di tutto e non si può prescindere da una formazione di questo tipo, che permette di sviluppare un argomento sotto più punti di vista e di riflettere e approfondire sulla complessità di ogni evento. Ad ogni modo avere la possibilità di vivere, di sperimentare, di vedere, di compartecipare in un certo senso (anche solo visitando i luoghi della storia) ciò di cui si è parlato e di cui si è discusso fa la differenza. In prima istanza completa sicuramente quello che è un percorso di studio ma allo stesso tempo permette di interiorizzare e comprendere avvenimenti, posti e storia che sono realmente esistiti e non solo oggetto di (alle volte) vuote discussioni.
Il viaggio studio a Berlino, organizzato dal progetto di educazione alla memoria e offerto dal Comune di Rimini, ha dato la (quasi irripetibile) possibilità a 42 ragazzi di visitare, conoscere e fare esperienza diretta della capitale tedesca e del suo passato. Berlino è una città ricca di storia e densa di avvenimenti di grande portata e importanza; oggi centro vitale e attivo del paese. Permettere questo viaggio-studio non significa rimpiazzare la gita di 5° che molti studenti non potranno fare, bensì, insieme all’occasione di conoscere e stringere amicizia con giovani da tutte le scuole e indirizzi di formazione, verrà data loro l’opportunità di completare un percorso di studio, di confrontarsi direttamente con i luoghi della storia, riflettendo e discutendo “in loco” delle tematiche finora studiate sui libri e infine di aprirsi all’ambito e all’ottica Europea.
Amati Simone - 5° Liceo Scientifico A. Einstein


 Il luogo che mi ha colpito di più è stato il memoriale per gli ebrei d’Europa assassinati. Mi ha colpito perché adempie perfettamente alla sua funzione, ovvero far interrogare la gente sul suo significato, generare curiosità da cui far iniziare un processo di conoscenza e riflessione in chi lo vede. Il suo aspetto, infatti, non può lasciare indifferenti, così come la sua collocazione: un mare di blocchi grigi di cemento sorge là dove si trovava il cuore del III Reich: vi si poteva trovare il bunker di Hitler, la sede della gestapo.
I blocchi di cemento sono di tutte le altezze, da pochi centimetri a diversi metri, tali da ricordare delle lapidi o delle steli. Il luogo è, oggi, efficacemente rappresentativo perché “non dice”: non dà le risposte a una prima occhiata, serve una conoscenza precedente per poterne comprendere il significato; allo stesso tempo, il suo aspetto non può lasciare indifferenti: la vastità del monumento e la sua presentazione suscitano, in chi non conosce la sua funzione, almeno la domanda “di cosa si tratta?” da cui poter iniziare un processo di riflessione e apprendimento. Le sensazioni che suscita in chi conosce il suo significato sono veramente molto intense, come la forte claustrofobia che si prova passando attraverso le pietre più alte, il senso di spaesamento e di vuoto generato dalla vastità del memoriale e l’impossibilità di vedere ciò che sta accadendo intorno a noi. Non c’è un luogo che mi aspettavo diverso da come è stato, ma ce n’è uno che mi aspettavo trasmettesse emozioni più forti, cioè il campo di Sachsenhausen. Forse perché  è stato distrutto e poi ricostruito, non ha avuto su di me il forte impatto che immaginavo. L’unica parte che mi ha scosso è stata la zona dei forni e la fossa delle fucilazioni; paradossalmente, mi ha toccato di più un monumento costruito successivamente, come il memoriale per gli ebrei, di una testimonianza storica effettiva come il campo di concentramento.
 Non sono molto d’accordo con la frase “ricordare per non dimenticare”. Credo sia più corretto dire “comprendere per non dimenticare”. Il ricordo da solo non basta se non siamo capaci di capire il perché dei fatti avvenuti e solo allora possiamo agire in modo da evitare una loro ripetizione nel tempo.
Non credo che il visitare un luogo possa aumentare quantitativamente la conoscenza, ma che sia un modo di renderla più duratura nel tempo. Il vedere i luoghi in cui si sono svolti i fatti consente di ricordare meglio ciò che è accaduto e di farlo per più tempo, grazie all’impatto emotivo che essi generano su di noi.
Bianchi Laura - 5° Liceo Scientifico A. Einstein