COME SI DIVENTA NAZISTI? Parte II.
Non è mai troppo tardi per reagire

Attività per l'anno scolastico 2010/2011

E Voi imparate che occorre vedere
e non guardare in aria; occorre agire
e non parlare. Questo mostro stava,
una volta, per governare il mondo!
I popoli lo spensero, ma ora non
cantiamo vittoria troppo presto:
il grembo da cui nacque è ancor fecondo.
       Bertolt Brecht "La resistibile ascesa di Arturo Ui"

Sono convinta (…) che non esista un popolo
che sia al riparo da un disastro morale collettivo
       Germaine Tillion "Ravensbrück”

Dalla Grande Guerra al genocidio dei Tutsi in Ruanda, il Novecento è stato contrassegnato da un’apoteosi di crudeltà e barbarie ai danni di milioni di persone, spesso vittime inermi di politiche dittatoriali e sanguinarie, tanto da essere considerato uno dei più violenti nella storiadell’umanità: secolo del male (Alain Besançon) secolo barbaro, secolo delletenebre(Todorov) solo per ricordare alcuni dei termini usati con maggiore frequenza. Tuttavia quello che pare distinguere la violenza di questo secolo da quella dei secoli precedenti, a detta dei maggiori studiosi, non è solamente il dato quantitativo - il conteggio  impressionante dei morti - ma, per così dire, l’aspetto qualitativo che Marcello Flores, storico contemporaneista, individua nel ruolo svolto dallo Stato moderno quale promotore di politiche di violenza e di sopraffazione in nome di un’ideologia. Dietro ogni genocidio, da quello degli Armeni alla Shoah, dallo sterminio degli Herero in Namibia a quello dei Tutsi in Ruanda, c’è uno Stato criminale che programma in modo razionale e spietato la distruzione di un gruppo nazionale o etnico che ritiene essere d’intralcio alla sua politica. “Se le circostanze sembrano richiederlo, (lo Stato) si pone al disopra della morale ed al di fuori della coscienza per disporre della vita degli indesiderabili. Se dispone un genocidio, guida il gioco, fissa le regole e controlla lo svolgimento dell’omicidio. Un cordone ombelicale collega pratica genocidiaria e potere di Stato”.
Ogni volta che si affronta la storia di un crimine contro l’umanità quale è il genocidio, sorge inevitabilmente la domanda “Come è stato possibile?” “Perché nessuno ha fermato la violenza o si è opposto al compiersi del male?” Vale la pena, allora, provare a interrogarci su quali siano le condizioni per trasformare uomini e donne comuni in carnefici, in freddi burocrati-assassini capaci di uccidere, o in spettatori indifferenti e passivi al vedere compiersi il male, ma anche su quali margini di libertà di scelta fossero realmente possibili in periodi come la Germania nazista. In modo particolare, dobbiamo riflettere su come l’ideologia nazista abbia permeato le masse non partendo, come comunemente avviene nella memoria contemporanea della Germania di Hitler, dalla violenza e dalla repressione, ma dal potere di seduzione, di adesione che tale movimento è stato capace di esercitare su milioni di persone.
 Vogliamo, dunque, ripartire proprio da qui: cercare di capire che cosa succede quando scatta in noi un legame di attrazione per un’ideologia criminale che, tuttavia, pare rispondere alle nostre aspettative più profonde, al nostro bisogno di sicurezza e identità. Come si fa a rimanere liberi nella massa, a nuotare controcorrente, a non lasciarsi manipolare in un periodo di dittatura?
Il seminario si propone di affrontare con gli studenti e le studentesse il periodo del Terzo Reich in Europa, ponendo al centro dell’approfondimento storico anche una riflessione sul funzionamento del meccanismo di gruppo - quando l’omologazione, il consenso e il rispetto dell’autorità prevalgono rispetto alla capacità di raziocinio - e sulle tecniche moderne del potere in una società di massa che tende a deresponsabilizzare l’azione del singolo, a isolare gli individui, rendendoli indifesi rispetto al potere dello Stato e spesso incapaci di agire e di opporsi criticamente.
La responsabilità individuale e la capacità di compiere scelte consapevoli costituiscono il filo conduttore del nostro progetto educazione alla memoria del Comune di Rimini che tenta di coniugare la conoscenza e la comprensione della storia con l’impulso a stimolare nei giovani la costruzione di una coscienza etica e politica fondata sul valore della vita umana e dei principi democratici. Ai giovani non dobbiamo per forza chiedere di diventare tutti “sentinelle della memoria” o, a loro volta, testimoni. La lezione di Auschwitz ci chiede altro: rivalutare pienamente la nostra capacità di saper pensare e di agire di conseguenza. Perché nella società contemporanea i germi che hanno preparato il disastro, i massacri di massa, sono ancora qui, potenzialmente fertili. Allora ecco il titolo del nostro progetto didattico, non è mai troppo tardi per reagire.

Laura Fontana
Responsabile Progetto Educazione alla Memoria

                                                                                                                                                                                                                                                                           

Opuscolo Progetto 2010-2011