Da bambino Alfred Nakache, detto “Artem”, aveva la fobia dell’acqua e niente avrebbe lasciato presagire che sarebbe diventato uno dei nuotatori più forti al mondo e più volte recordmen. Nato nel 1915 a Costantina, in Algeria (allora colonia francese), da una famiglia ebrea di 11 figli, Alfred inizia a nuotare dietro incoraggiamento del padre David e di due militari francesi, di base in Algeria, che avevano partecipato ai Campionati di nuoto di Francia e gli danno i primi rudimenti della disciplina. Da quelle prime bracciate scoprirà presto la gioia di sentirsi libero in acqua e la determinazione a diventare un numero uno.

Alfred inizia a praticare la disciplina del nuoto con costanza, affinando lo stile e fortificando il suo fisico, fino ad essere ammesso alle prime gare nazionali dove si fa notare per il suo incredibile talento. Nel 1933, a diciott’anni non ancora compiuti, Alfred Nakache si trasferisce in Francia per proseguire la sua carriera agonistica, raggiungendo in pochi anni risultati eccezionali  al punto da essere selezionato dalla squadra olimpica francese per partecipare ai Giochi di Berlino che si svolgono nell’agosto 1936 in una Germania già completamente nazificata e trasformata in dittatura totale. Se Hitler non ha esitato ad escludere dalle gare gli atleti tedeschi ebrei, non può imporre la stessa restrizione alle nazioni che partecipano ai Giochi perché violerebbe il regolamento olimpico, sebbene a quell’epoca anche molti dirigenti del mondo sportivo non siano indenni da pregiudizi antisemiti. Artem partecipa con la sua squadra per la staffetta 4 x 200 metri mista e si classifica quarto.

Alfred Nakache, il nuotatore di Auschwitz

 

Dal giugno 1940 la Francia capitola e si arrende all’esercito tedesco. A seguito di un armistizio, il territorio francese viene diviso in due parti, Parigi e tutte le regioni settentrionali diventano Francia occupata, direttamente sottomessa alle forze tedesche, mentre il centro-sud viene affidato al governo del regime collaborazionista di Vichy, nominato (almeno in via teorica) come Zona libera.

Da quell’anno la situazione degli ebrei francesi peggiora di colpo perché divengono oggetto di una serie di misure antisemite e di esclusioni, anche decise autonomamente da Vichy. Sul grande campione di nuoto che aveva portato il suo Paese a grandi vittorie sportive si abbatte una vergognosa campagna denigratoria a causa delle sue origini ebraiche. La stampa lo calunnia come nemico e lo accusa  di “sporcare l’acqua delle piscine”. Alla violenza verbale antisemita si aggiunge la rivalità sportiva di altri campioni di nuoto, schierati col nuovo regime, che vorrebbero far fuori dalle gare un rivale così temuto.

Alfred Nakache viene anche privato della cittadinanza francese, perché il maresciallo Pétain, con l’abolizione del decreto Crémieux del 1870, di colpo cancella il diritto di cittadinanza di coloro che provenivano dalle colonie francesi.

Parigi non sembra un luogo sicuro dove continuare a vivere e fondare la famiglia che vorrebbe creare con la moglie Paule, sua coetanea e come lui insegnante di educazione fisica, così, nel gennaio 1941, Artem si trasferisce a Tolosa, nella zona “libera” dove viene accolto con calore e disponibilità dalla società sportiva “Toec Delfini Tolosa” che gli offre la possibilità di continuare a gareggiare e ad esercitare la professione di insegnante.

Annie, la bambina della coppia, nasce nell’agosto dello stesso anno in Algeria, nella casa famigliare a Costantina. É un anno pieno di gioia e soddisfazione per Alfred Nakache, nonostante si delinei un orizzonte sempre più drammatico per gli ebrei e per la guerra in corso.

Nel 1941 Artem batte il record del mondo nei 200 metri stile libero; l’anno dopo, sono cinque i titoli che vince in Francia, nei 100 metri, 200 metri e 400 metri per lo stile libero, 200 metri per il nuoto a rana, e nella staffetta 4 x 200 metri mista. Intanto, il campione sportivo si avvicina al mondo della resistenza, accettando di allenare le giovani reclute, affinché sviluppino forza fisica ed agilità.

Nel 1943, l’antisemitismo in Francia diventa ancora più violento e radicale: la stampa sportiva incita le federazioni a non far gareggiare gli ebrei e ad Alfred Nakache viene vietato di partecipare al campionato nazionale di nuoto. Tutta la squadra dei  Delfini di Tolosa si oppone, compatta, all’esclusione del compagno, ma a nulla vale quel gesto leale e coraggioso. Nel frattempo, l’11 novembre 1942, i tedeschi invadono anche la zona libera occupando tutta la Francia. Artem non è più persona gradita, né può contare sulla protezione che poteva godere, in una certa misura, nel sud del Paese.

 La situazione degli ebrei che si trovano nelle regioni meridionali si aggrava per l’avvio delle deportazioni. Alfred e Paule decidono allora di scappare verso la Spagna, unendosi ad un gruppo che tenta di valicare i Pirenei di notte. Ma mentre si accingono a svalicare, la piccola Annie scoppia in un pianto disperato che rischia di attirare l’attenzione delle guardie su tutti i fuggiaschi. I Nakache non possono, quindi, far altro che tornare indietro e vivere in clandestinità.

Alfred Nakache, il nuotatore di Auschwitz

 

Verranno arrestati, probabilmente su delazione, alla fine di novembre 1943. Trasferiti al campo di internamento e di transito di Drancy, in periferia parigina, vengono inseriti nel convoglio n. 66 che lascia la stazione di Bobigny il 20 gennaio 1944 diretto ad Auschwitz dove giunge a destinazione 29 ore più tardi. Paule, 28 anni, tiene in braccio Annie di 2, per lei e per la sua creatura non c’è scampo e viene immediatamente messa nella fila di donne coi bambini da avviare subito verso le camere a gas di Birkenau. Alfred si distingue per il suo fisico possente e atletico, forse è per questo, o forse è perché una SS riconosce in lui il campione sportivo che viene selezionato come “abile” al lavoro forzato e assegnato al campo di Buna-Monowitz, dove meno di un mese più tardi verrà internato anche Primo Levi.

Per tutto l’anno in cui Artem rimane prigioniero del più grande campo di lavoro del complesso di Auschwitz, viene preso di mira dalle guardie che lo umiliano costringendolo a tuffarsi nelle gelide acque di un bacino che chiamano “piscina” per divertimento, incitandolo a raccogliere pietre, monete o piccoli oggetti che lanciano sul fondo. Il grande campione di nuoto del mondo diventa il giocattolo dei suoi aguzzini, costretto ad esibirsi come nuotatore di Auschwitz per guadagnarsi coi suoi tuffi il diritto a sopravvivere. Ma Artem non si lascia abbattere e coglie anche quei disperati momenti nell’acqua per ricercare uno spazio di libertà e per praticare la resistenza fisica.

A metà gennaio 1945, Alfred Nakache è costretto con migliaia di altri prigionieri alla marcia di evacuazione che trasferisce i detenuti di Auschwitz verso campi di concentramento situati più all’interno dei vecchi confini del Reich, quindi più distanti dall’avanzata degli alleati sovietici. Un tragitto percorso in parte a piedi nella neve, in parte ammassati su vagoni scoperti o treni merce, senza cibo né vestiti adeguati, tanto che le vittime di quelle “marce della morte” saranno decine di migliaia. La destinazione finale di Alfred Nakache è il campo di Buchenwald dove rimarrà fino all’arrivo delle truppe americane nell’aprile di quell’anno. Alla liberazione del fisici atletico di un campione olimpico non c’è più traccia, Alfred pesa appena 42 kg, meno della metà del suo peso normale, è scheletrico per la denutrizione, sfinito dalle privazioni, soprattutto è disperato per non aver notizie della moglie e della piccola Annie che continuerà a cercare nei mesi successivi al suo rimpatrio.

Il rientro a Tolosa sarà segnato dal dolore profondo per la perdita della sua famiglia e per il male subito. Ancora una volta Artem tira fuori la sua  insopprimibile voglia di vivere e di riscatto, ritrovando la forza di non lasciarsi abbattere dalla disperazione. Grazie all’affetto dei suoi amici e dei compagni del Toec Delfini che non lo lasciano mai solo, Alfred torna ad allenarsi, riabituando il suo corpo a nutrirsi correttamente e tuffandosi ogni giorno in piscina dove riscopre quella dimensione di libertà mai completamente perduta.

Nel 1946, meno di un anno dopo la sua liberazione a Buchenwald, Alfred Nakache batte un altro record del mondo nella staffetta 3 x 100 metri mista, due anni più tardi partecipa alle Olimpiadi di Londra (da cui la Germania è esclusa) dove gareggia per il nuoto a farfalla e nella squadra di pallanuoto.

Alfred Nakache (Artem) in una piscina. Francia, anni 1950-1960. © Mémorial de la Shoah

Negli anni Cinquanta, quando ha concluso la sua carriera sportiva, Alfred si risposa con Marie e la segue a Sète, sul Mediterraneo, senza mai abbandonare la sua passione per il nuoto. Per diversi anni, infatti, accetta di insegnare alla Réunion, dove trascorre lunghi periodi di soggiorno, e non perde mai l’abitudine di una nuotata quotidiana.

Il 4 agosto 1983, muore di un attacco di cuore mentre sta nuotando al largo di Cerbère, nei Pirenei Orientali.

Negli ultimi anni molte piscine in Francia e nel mondo sono intitolate a Alfred Nakache, alla sua storia si sono ispirati film, mostre e un documentario. Il Mémorial de la Shoah di Parigi ha dedicato grande attenzione e impegno per far conoscere la vicenda di questo straordinario campione sportivo che è stato un esempio di incredibile forza d’animo e di resistenza anche in una situazione eccezionalmente drammatica e disperata come la Shoah. Dal 2019 il suo nome vive in eterno nella gloria dei più grandi atleti di nuoto del mondo, iscritto nella Swimming Hall Of Fame di Fort Lauderdale in Florida.

Nella foto il campione di nuoto Alfred Nakache, detto Artem, in una piscina. Francia, fine anni 1940. © Mémorial de la Shoah

Italia