Riflessioni del viaggio in Polonia 2015

Viaggio studio in Polonia 5-9 maggio 2015

Qui di seguito le riflessioni di due partecipanti.

Uno sguardo alla Memoria, per non dimenticare
Dal 5 al 9 maggio 2015 otto studenti del nostro Istituto (Bartoli Stefania, Conti Andrea, Di Meglio Manuel, Filippini Gaia, Ginestreti Michael, Michetti Luca, Scaiano Elena, Temeroli Giacomo) hanno partecipato al viaggio studio ad Auschwitz, Birkenau e Cracovia in Polonia promosso dal Comune di Rimini. Si tratta del progetto “Educazione alla memoria”, che il Comune di Rimini si impegna a sostenere economicamente dal 1964. A questo seminario, i nostri studenti hanno seguito un percorso di studio e riflessione su tematiche legate alla Shoah, ma con uno sguardo alla capacità di ragionamento e alla ricerca in loro stessi, rimanendo vigili, sapendo difendere i valori in cui credono e denunciando ogni forma di violenza e di sopraffazione, senza rinunciare mai a compiere scelte con coscienza e responsabilità.
La responsabile del progetto Dott. ssa Laura Fontana e tutti i suoi collaboratori tra cui professori e storici, sono riusciti ad insegnare la Shoah in modo semplice ed esaustivo, utilizzando diverse risorse di tipo informativo e visivo, cercando di focalizzare il loro insegnamento su tre categorie di persone: le vittime, i carnefici e gli spettatori durante la Germania nazista. Ciò che ha reso questo corso davvero interessante è stata la possibilità di avere una parte attiva all’interno delle lezioni, infatti gli insegnanti non hanno solo spiegato fatti e avvenimenti e poi assegnato pagine e pagine di storia da studiare per essere poi messi sotto pressione durante una prova di verifica, anzi, hanno dato la possibilità agli studenti di esprimere una loro impressione su un determinato tema affrontato, attraverso dibattiti aperti a tutti e riflessioni, creando così un ambiente adatto ad esprimere le proprie idee. Tra i temi trattati durante il corso ricordiamo: il concetto di comunità nel popolo tedesco (Volksgemeinschaft), la visione razziale, il significato del termine Lager, la persecuzione degli omosessuali, il coraggio di coloro denominati “Giusti tra le nazioni”, il pensiero filosofico tra banalità del male e ambiguità del bene e molti altri, senza però dimenticare coloro che contribuirono a portare avanti questa storia, gli esseri umani. Non solo! Durante l’anno scolastico sono stati organizzati eventi (cinema, teatro, letture, incontri, testimonianze) aperti a tutti i cittadini, legati sempre al tema titolo del progetto “Vedi alla voce: Umano. Vittime, carnefici, spettatori nell’universo concentrazionario nazista (1933-1945)”.
Ma ciò che ha reso unica questa esperienza è stato il viaggio studio compiuto da circa 50 studenti di tutti gli istituti superiori di Rimini, che, accompagnati da Laura Fontana, Fabio Cassanelli e il vice sindaco Gloria Lisi, hanno visitato il campo di concentramento e sterminio di Auschwitz Birkenau e la città di Cracovia in Polonia.

Fin dal primo giorno, gli studenti si sono immersi nella storia attraverso un incontro serale preparato per introdurli all’interno della storia del complesso di Auschwitz. Quella sera la responsabile Fontana ha ripreso la storia della Germania tedesca dagli esordi fino alla disfatta del potere di Adolf Hitler attraverso ausili visivi come cartine e documenti.
Il giorno seguente la prima visita è stata alla Judenrampe (rampa degli ebrei) esterna al campo di Birkenau (detto anche Auschwitz II), una sorta di tronco ferroviario nel quale inizialmente avvenivano le prime selezioni delle vittime prima di entrare nel campo. Dopo aver seguito la stessa strada che percorrevano i prigionieri, si entra all’interno della torretta centrale, all’ingresso del campo, dove risiedevano le SS. Da questo punto della torretta, esse sorvegliavano il confine e l’ingresso del campo. Una volta scesi, si procede per la seconda Judenrampe, una diramazione delle rotaie del treno che arrivava fino all’interno del campo e dove, una volta arrivate, le vittime venivano selezionate e giudicate adatte al lavoro (circa il 30% delle vittime sopravviveva per ogni vagone) o mandate direttamente ad uno dei quattro Crematori (chiamati così dai nazisti, ma si intende la struttura nella quale si trovavano gli spogliatoi, le camere a gas, i forni crematori e le camere degli addetti ai lavori di cremazione dei cadaveri, detti Sonderkommando). Successivamente la visita si sposta verso le rovine del Crematorio III dove lavorò l’italiano Shlomo Venezia di origine ebrea, sopravvissuto del campo.

Delle strutture dei due più grandi crematori del campo (Crematorio II e III), rimangono solo le rovine perché dopo la liberazione dei prigionieri nel gennaio 1945, gli stessi tedeschi distrussero le strutture e tutti i documenti in modo da non lasciare più nulla delle loro azioni. Al pomeriggio la visita continua all’ interno di alcune baracche ricostruite, in particolare alle baracche adibite alle latrine, a quella destinata ai bambini (utilizzati dal famoso dottor Mengele per delle sperimentazioni) e alla detenzione delle donne. Verso sera, una volta rientrati in albergo, gli accompagnatori Cassanelli e Fontana hanno fatto lavorare i ragazzi sullo studio di documenti storici relativi a questioni fondamentali della Shoah.
La mattina del 7 maggio, gli studenti tornano al campo di Birkenau per una breve cerimonia in ricordo delle vittime del genocidio, durante la quale alcuni studenti, la responsabile Fontana e il vice sindaco Lisi si sono offerti per esprimere alcune loro impressioni in memoria dei prigionieri del campo. Dopo ciò, la visita continua verso la casa Bianca (questa piccola casetta venne trasformata dai nazisti in camera gas) il terreno adibito alle fosse comuni e, successivamente al Crematorio IV e V. Poi i ragazzi vengono accompagnati verso la struttura chiamata Kanada, dove le persone internate sopravvissute alla selezione venivano ripulite e trasformate in prigionieri immatricolati senza alcuna identità. Al pomeriggio la visita si sposta all’ interno del campo di concentramento, trasformato oggi in museo, di Auschwitz I. Dopo una breve descrizione della famosa scritta dei tedeschi “Arbeit macht frei” (Il lavoro rende liberi), i ragazzi entrano all’interno del campo e visitano alcune delle numerose strutture utilizzate dai prigionieri come dormitori e oggi ospitanti il museo del campo. Tra le mura delle baracche visionano numerosi oggetti appartenenti alle vittime dell’eccidio, tra le più stravolgenti, nel museo sono esposti quasi 2 delle 7 tonnellate di capelli femminili tagliati alle vittime ed utilizzati, per esempio, per le calzature dei soldati tedeschi impegnati a combattere la guerra. In questo campo si trovano poi gli impianti di tortura dei prigionieri: il Muro della Morte nel quale vennero fucilate migliaia di persone, i pali per la impiccagione e la camera a gas numero I. L’interno del crematorio, ancora intatto e visitabile oggi, ospita una vera e propria testimonianza concreta del genocidio. Rientrati in albergo, i ragazzi esprimono le loro riflessioni in compagnia di Michele Andreola e di sua moglie, entrambi impegnati all’interno del complesso di Auschwitz, quali accompagnatori e responsabili di restauro dei beni.
L’ultimo giorno, gli studenti visitano la città di Cracovia, ed in particolare il quartiere e il ghetto ebraico. Dopo una breve storia della città dal Medioevo fino ai giorni nostri, i ragazzi vengono immersi all’interno della cultura ebraica, attraverso la visita di antiche sinagoghe e cimiteri, musei e vie della città. Al pomeriggio però ci si concentra più sulla funzione della città, utilizzata come ghetto di transito per le persone destinate allo sterminio. A questo riguardo, la visita si sposta in quelle zone dove gli Ebrei venivano radunati per lavorare nelle fabbriche e per essere trasportati ai campi di concentramento/sterminio. In particolare è stata visitata la famosa fabbrica di Schindler, nominato dallo Yad Vashem “Giusto tra le nazioni”, il quale è riuscito a far sopravvivere quasi 1000 ebrei facendoli lavorare nella sua fabbrica di utensili smaltati. Verso sera gli studenti vengono lasciati liberi di addentrarsi tra le vie della piazza di Rynek Glowny, la più grande piazza dei paesi europei.
Per concludere Auschwitz è tuttora considerato l'emblema del male assoluto, che segna il netto confine tra umano e disumano e questo viaggio è riuscito ad offrire agli studenti uno spunto di riflessione, un punto di inizio per cui ragionare e capire. A volte si crede che basti far vivere di persona alcuni passi della vita di una vittima destinata alla morte per “capire” come abbiano vissuto queste persone. Ma tutto questo non serve. Ciò che davvero è utile per la formazione della persona è comprendere le motivazioni che hanno spinto uomini del passato a produrre tutto il male che oggi conosciamo. Come è stato possibile? Questo è un quesito che tutti coloro che visitano questi luoghi si pongono e ciò sottintende l’interrogazione della nostra capacità di commettere un male tanto estremo quanto incomprensibile razionalmente. Eppure è accaduto.
A questo riguardo, a nome degli studenti del nostro Istituto, ringrazio tutti coloro che si sono impegnati per questo progetto e per la sua riuscita. In particolare vorrei ringraziare la responsabile Laura Fontana, l’organizzatrice Maria Carla Monti, l’insegnante Fabio Cassanelli, il vice sindaco Gloria Lisi e la prof. ssa M. R. Di Dedda, che hanno portato a termine anche quest’anno questa iniziativa davvero positiva ed interessante.
Michael Ginestreti - 5H Istituto Tecnico Industriale e per Geometri O. Belluzzi - L. Da Vinci


Innanzi tutto, volevo scusarmi per non aver fatto sentire la mia voce durante il viaggio tanto quanto avrei potuto. Scrivo questa mail quasi a compensare quella "mancanza" e soprattutto per sfogo e per chiedere se alcune domande che mi pongo ora, siano giuste oppure no. 
Andare a scuola oggi è stato dura, non provavo una sensazione simile dal rientro del 7 gennaio 2014 da due settimane di viaggio in Etiopia con il mio gruppo scout. Pensavo di aver rimesso insieme tutti i pezzi di me che ho lasciato lungo le strade di quei villaggi così poveri (di ricchezze materiali) e invece mi rendo conto che mi ero solo abituata ai piccoli "buchi" e che all'indomani di un'esperienza come Auschwitz - Birkenau - Cracovia tornano a far sentire la loro mancanza.
Nei giorni prima di pasqua 2015, sempre con gli scout, sono stata a Montesole e ho potuto vedere i luoghi dove si è consumato l'orribile omicidio di massa di chiunque si trovasse sulla via di fuga dei nazisti. Credevo quindi di essere "vaccinata", di essere pronta, anche grazie all'importante bagaglio delle lezioni tenute da ottobre. Ma non si è mai pronti per queste cose, lo sapevo, avevo già avuto modo di scoprirlo, e me ne sono ricordata solo durante il forte impatto dei campi e del ghetto.
La prima domanda che mi è venuta subito, come un riflesso incondizionato, è stata chiedermi con che diritto io fossi lì, a calpestare un luogo di Memoria e Storia, un luogo dove hanno sofferto molte persone, la cui cultura e religione conosco appena. Ne ho parlato con una mia compagna di viaggio e ho capito che più che diritto forse è un mio dovere riempire gli occhi, il cuore e la mente per riuscire ad essere testimone e quasi portavoce. 
Ma come posso essere testimone e portavoce se non credo di aver capito veramente cosa è successo, cosa ha spinto degli esseri umani ad ucciderne altri per un motivo così futile (per me), come la formazione di una razza pura? Come può essere che scaricassero la colpa sempre su qualcun altro e questo li facesse sentire a posto? Come si fa a vedere gli occhi delle persone che urlano di terrore, fame, sofferenza e rimanere indifferenti? Quando ero in Etiopia non avevamo una lingua comune, non potevamo comunicare, se non con gli sguardi e le espressioni del volto, eppure io ho capito loro e viceversa. C'è una comunicazione tanto grande e forte che va oltre le parole ed è impossibile che chi stava sterminando i suoi simili non abbia visto né capito nemmeno una piccola parte di ciò che i deportati stavano cercando di dire. Quando i nazisti si trovavano da soli, magari nel buio della loro stanza, non riesco a credere che non abbiamo sentito un pizzico di rimorso, non voglio crederci. Io voglio credere che le persone siano fondamentalmente buone e invece questa mia certezza sta vacillando. Vedo come gli stessi Israeliani si stiano comportando da carnefici in alcuni ambiti, o come noi italiani stessi stiamo trattando chi, come noi facemmo quasi un secolo fa, cerca un posto migliore in cui fuggire. Allora l'essere umano è malvagio? Non c'è nient'altro oltre all'egoismo e alla propria ideologia? Non voglio crederci, ma ora mi sento così.
Che diritto ho io di commuovermi e versare lacrime se non so nemmeno cosa significhino il dolore e la paura più vere? Quando ho visto la baracca dei bambini ho subito pensato a ogni bimbo che conosco e sono arrivata fino a quelli etiopi, a quelli che chiamo "i miei bambini", perché mi hanno dato davvero tanto in una semplice stretta di mano o in un sorriso. Per come sono fatta io, sono rimasta quasi travolta da quest'onda di emozioni e l'unica risposta che sono riuscita a dare è stata commuovermi. Ma che diritto ne ho? Stessa identica cosa nella Sauna e nel crematorio di Auschwitz 1. Nel primo luogo, appena ho visto le foto ho pensato a quella che ho nel portafoglio con mio fratello e quelle in camera appese all'armadio e mi è quasi mancato il fiato perché ho capito che inconsapevolmente sono un punto fermo per me, un riferimento, e ai deportati è stato tolto anche questo. Nel secondo posto, poi, ho fatto fatica ad entrare e sono uscita quasi scappando perché non ho sopportato il pensiero che milioni di vite umane fossero state polverizzate proprio lì sotto i miei piedi e davanti ai miei occhi.
Proprio per queste emozioni, per gli interrogativi, per il fatto che mi sento nuovamente svuotata e riempita nello stesso momento, voglio ringraziare profondamente e sinceramente chi mi ha accompagnato in questo viaggio, iniziato mesi fa. Sono davvero grata di avere avuto la possibilità di sentire la partecipazione emotiva anche da parte di adulti, l'impegno, la passione, il sostegno immancabile dato attraverso un piccolo dialogo o una mano sulla spalla. 
Spero che questa mail, nella volontà di rimanere comunque solo un umile sfogo, possa essere sentita come il grande ringraziamento che sento di dovere a ciascuno di voi.

Chiara Galasso - 5D Liceo Scienze Umane G. Cesare-M. Valgimigli